microinsurance

E' un fenomeno mondiale, lo dicono i numeri. Parliamo delle polizze di tipo “microinsurance”: costi bassissimi, che permettono di accedere a un ambulatorio medico laddove anche la sanità di base è privatizzata, oppure di coprire le spese essenziali causate da un infortunio sul lavoro (specie se, purtroppo, con esito mortale).

Il boom di questo tipo di polizze assicurative non è nuovo. Una certa crescita si era intravista già nel 2007, ad esempio, quando le microassicurazioni valevano circa 78 milioni di polizze sparse per il mondo. Oggi le micro coperture sono 500 milioni, dati emersi dall’ultimo report “Microinsurance Innovation Facility”, presentato nei giorni scorsi.

Le cifre non sono tutto, ma aiutano a ricostruire un fenomeno globale. L’80% delle microassicurazioni viene stipulato nel continente asiatico, soprattutto in India e Cina (15%). A seguire America del Sud (15%) e Africa (5%). Alla base di questa distribuzione irregolare, i maggiori sforzi delle istituzioni locali che negli anni hanno sostenuto in modo attivo questo tipo di polizze, utilizzando i canali distributivi più adeguati e, in alcuni casi, rendendo obbligatorie determinate coperture.

L’interesse è reciproco. Anche le compagnie assicurative hanno pian piano allargato la propria offerta alle microassicurazioni, tanto che oggi ben 33 tra i primi 50 gruppi al mondo si rivolgono ai consumatori a basso reddito. Le microassicurazioni, inoltre, si sono rivelate un buon modo per sperimentare sinergie con nuovi canali di distribuzione e allargare il “raggio d’azione” della comune polizza. Basti pensare a quanto accade in India, ad esempio, dove apposite iniziative di protezione sociale sono estesi a circa 40 milioni di persone, mentre micro polizze sulla vita o a tutela della produzione sono ormai pane quotidiano per 160 milioni di  agricoltori e allevatori indiani.