Fuorigioco: ottava giornata di serie A tra conferme e sorprese
La sosta per le nazionali ha sparigliato le carte e modificato l’inerzia di un campionato che alla fine dell’ottava giornata ci dice che la Roma ha l’organizzazione e soprattutto le alternative per dare fastidio alla Juventus fino alla fine. Il Napoli ha pagato l’infortunio di Milik sia in termini di reti che a livello mentale. Se è vero che il gioco non è mancato, è vero anche che la reazione al vantaggio della Roma è stata completamente nulla tanto da perdere lo scettro di anti-Juve.
Buffon e soci vincono, continuano a dare la sensazione di poter decidere con autorevolezza quando vincere le partite e quando no, ma paiono molto meno brillanti delle annate scorse.
L’Inter continua a far cilecca con le piccole e adesso deve fare i conti con lo spinoso caso-Icardi senza tralasciare i motivi che hanno portato la truppa di De Boer ad alzare bandiera bianca anche contro il Cagliari.
Koulibaly, la reincarnazione napoletana di Penelope
Genio e sregolatezza. Come Napoli. Koulibaly è la perfetta sintesi della squadra di Sarri e della città di Totò. Ha il cuore di un lottatore, non si dà mai per vinto e le suona a Dzeko in più circostanze. Spesso ne esce anche vincitore con interventi notevoli. Poi succede che spegne la lampadina e regala alla Roma due gol con tanto di confezione.
Prima cerca di oltrepassare i suoi limiti con una giocata fuori dalla sua portata che permette a Salah di scipparlo come un borseggiatore in stazione; poi nel secondo tempo commette un fallo tanto inutile quanto decisivo perché è quello che origina la punizione dello 0-2.  Il gol che riapre la gara è suo e non poteva essere altrimenti in questa prova degna della miglior Penelope. Sempre pronta a fare e disfare.
La Juve vince, ma non infallibile
La Juve è fallibile e lo sta dimostrando con più di una prova al confine tra il disastro e la sufficienza. La differenza la fanno i campioni come Dybala che anche in situazioni drammatiche riescono a far risplendere il sole. La doppietta dell’argentino certifica la fine della crisi da gol e il possibile inizio di un tango con Higuain. Ma se la Roma dovesse proseguire il suo solido lavoro, Allegri dovrà alzare l’asticella dell’attenzione per far sì che gare come quelle di ieri siano messe in discussione il meno possibile.
Icardi Manzoni
Per comprendere il caso Icardi, bisogna ripartire da una frase di Manzoni: “La ragione e il torto non si tagliano mai con un taglio così netto”.
Tralasciando per un attimo l’atipica scrittura di un’autobiografia a 23 anni in una carriera basata ancora sul nulla, Icardi – che Manzoni non è – sembra quasi far di tutto per inimicarsi la tifoseria e cade in qualche errore di leggerezza.
La Curva dal canto suo stende un papiro chilometrico con pretese illegittime come “toglietegli la fascia di capitano”. Zanetti ha annunciato provvedimenti, ma il problema reale è la continua accondiscendenza nei confronti di piazze mestruate che alzando la voce ottengono sempre ciò che vogliono. Il primo risultato, oggi, è che Icardi – evidentemente condizionato dall’ambiente guerrafondaio – ha sbagliato di tutto (rigore compreso) e non ha aiutato l’Inter.
O meglio, i tifosi dell’Inter non hanno aiutato la squadra che dicono di amare. È accaduto un caso simile in Serie B, a Bari, con Ciccio Caputo. Beccato continuamente dai suoi tifosi, è andato via e lontano dal San Nicola ha segnato più di 20 gol in poco più di un anno. Se i tifosi facessero i tifosi e i calciatori, sarebbe uno sport migliore.
Si è rotto il gioco della Fiorentina?
Il giochino della Fiorentina si è rotto. Un anno dopo il calcio champagne, è cambiato tutto. 365 giorni fa i viola erano primi, oggi sono nella colonna di destra. Gli interpreti sono rimasti gli stessi, l’allenatore è sempre lo stesso, ma il gioco è cambiato.
Cosa abbia smesso di funzionare non si sa, ma l’involuzione ha del clamoroso. I fatti dicono che Borja Valero e soci hanno solo tre lunghezze di vantaggio sulla zona retrocessione (e il Palermo deve giocare una gara) e non riescono più a divertire il Franchi; l’anno scorso teatro ospitante applausi da spellarsi le mani anche dopo sconfitte e quest’anno colmo di fischi che fanno paura.
Regia di Davide Di Gennaro
Nel giorno di Melchiorri (che ha una storia bellissima e merita tutte le cose belle che sta facendo), spostiamo l’attenzione su un’altra storia degna di essere raccontata. Davide Di Gennaro è uno che i gol non li fa (anche se oggi ci è andato vicino), ma li fa fare. Se il Cagliari si può candidare ad autentica rivelazione di questa prima parte, lo deve al suo regista che dopo tanti (troppi) anni è riuscito a rimettere il piede su un campo di A. Che è quello che più gli si addice.
Probabilmente incapace di reggere l’enorme pressione da giovane talentino scuola Milan, Di Gennaro ha dovuto bazzicare parecchio per i campi di B prima di riuscire ad imporsi con il Cagliari e ritrovare il gradino più alto in Italia dopo due tornei vinti in cadetteria. È il primo calciatore cui passano il pallone i suoi compagni. Perché tutti sanno che lui riuscirà a vedere un varco dove gli altri mai potrebbero arrivare. Di Gennaro è illuminato, sulla vetta della montagna. Ci è arrivato, finalmente.
Milan is back
Il Milan è tornato. Probabilmente durerà poco, ma intanto Montella ha restituito ai rossoneri la possibilità di godersi la classifica da posizioni privilegiate come non accadeva da tempo. Il tecnico ha fatto un investimento sulla mentalità e il Milan sta apprendendo: ha vinto con merito nella tana di una squadra solida e in salute. E se Niang fa il bello e il cattivo tempo davanti, la vera risorsa del Milan sta diventando Paletta: autoritario come non lo si vedeva da anni, il difensore sta collezionando prove positive e vuole guidare dalle retrovie un sogno che Montella silenziosamente culla: il ritorno in Europa.
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