Ritenuta d’acconto: devi farla oppure no? La risposta è: dipende. Se magari sei un libero professionista, al momento senza partita IVA oppure hai un lavoro come dipendente e nel frattempo, oltre al tuo impiego ufficiale, fai altri lavoretti per arrotondare, sì, per questi lavori – ed entro un certo limite – devi applicarla.
Ma questo vale anche se sei un professionista, avvocato, consulente ecc… E devi emettere fattura. Se non appartieni al regime forfettario (che non prevede la ritenuta d’acconto, ulteriori aggiornamenti per l’anno 2020), nel documento di pagamento per il tuo cliente dovrai inserire “la ritenuta d’acconto”.
In questo articolo vedremo i diversi casi – prestazione occasionale e prestazione da lavoratore autonomo con partita IVA – e vedremo soprattutto cos’è una ritenuta d’acconto, quando si è obbligati a farla e perché diventa una voce importante qualora tu faccia la dichiarazione dei redditi.
Cos’è la ritenuta d’acconto
La ritenuta d’acconto è una trattenuta IRPEF che viene applicata alle somme che il fornitore (o lavoratore, comunque sia: tu) percepisce dal suo cliente o datore di lavoro. Come dice la parola stessa, è un acconto che il datore di lavoro o cliente versa allo Stato al posto tuo, che sei il reale contribuente.
In Italia, in linea di massima sono soggetti a ritenuta d’acconto:
- redditi da lavoro autonomo;
- redditi da lavoro dipendente (l’IRPEF mensile è una ritenuta d’acconto);
- redditi da capitale;
- altri redditi soggetti a ritenuta d’acconto.
In questo caso, ci occuperemo dei redditi da lavoro autonomo.
Come funziona la ritenuta d’acconto
Come abbiamo accennato, ci sono diverse forme di ritenuta, ma in generale le più usate sono:
- ritenute a titolo di acconto che riguardano appunto il lavoro autonomo e prevedono una ritenuta d’acconto del 20% da parte di chi riceve la prestazione e la ritenuta a titolo d’imposta;
- ritenute a titolo d’imposta che prevedono, ai fini della tassazione sul totale, che si versi solo l’aliquota del 20%.
Ci sono diversi tipi di ritenute sul lavoro:
- lavoro autonomo e occasionale, con ritenuta d’acconto del 20% sul 100% dell’imponibile;
- compensi amministratori di condominio, con ritenuta d’acconto del 20% sul 100% dell’imponibile;
- compensi per servizi resi a condomini da persone fisiche e società di persone soggetti ad IRPEF, con ritenuta d’acconto del 4% sul 100% dell’imponibile;
- compensi per servizi resi a condomini da società di capitali ed enti soggetti ad IRES, con ritenuta d’acconto del 4% sul 100% dell’imponibile;
- redditi derivanti dall’utilizzazione delle opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule, ecc. , con ritenuta d’acconto del 30% sul 75% dell’imponibile;
- utili da contratto di associazione in partecipazione per la quota lavoro, con ritenuta d’acconto del 20% sul 100% dell’imponibile;
- redditi per cessione diritti d’autore, con ritenuta d’acconto del 20% sul 60% dell’imponibile;
- redditi da vendite a domicilio, con ritenuta a titolo d’imposta del 23% sul 78% dell’imponibile;
- provvigioni (per agenti e rappresentanti), con ritenuta d’acconto del 23% sul 50% dell’imponibile;
- redditi di lavoro autonomo di soggetti non residenti, con ritenuta a titolo d’imposta del 30% sul 100% dell’imponibile;
- compensi per levata protesti esercitata dai segretari comunali, con ritenuta d’acconto del 20% sull’85% dell’imponibile.
Collaborazioni occasionali
Questo è un caso tipico di chi magari non ha ancora aperto la partita IVA o chi fa un lavoro dipendente e nel frattempo fa dei lavoretti. Attenzione: la ritenuta d’acconto dovrebbe essere usata in caso di prestazione davvero occasionale, anche se non avviene spesso così.
La Legge infatti prevede che la collaborazione occasionale con ritenuta d’acconto non superi due limiti fondamentali: i 5.000 euro di compenso totali (ossia per tutti i committenti) e i 30 giorni di lavoro totali nel corso dell’intero anno solare.
Come saprai, questi limiti raramente vengono rispettati. Cosa succede quando vengono superati? Nulla di grave, a dire il vero, o meglio nessuna sanzione.
Succede che se non sei iscritto all’INPS o altro Ente di Previdenza, dovrai farlo (ci si iscrive alla Gestione Separata) e dovrai versare i contributi in base a quanto percepito e solo per la quota che supera il limite di 5.000. Inoltre, forse è il caso di lavorare in maniera più professionale e aprire una partita IVA.
Mettiamo che però che tu non superi la soglia e continui a essere pagato con la ritenuta d’acconto, ecco allora cosa devi sapere. Dopo avere effettuato il tuo lavoro (o prima se ti sei accordato diversamente) devi consegnare una ricevuta al committente. Assomiglia a una fattura, ma di fatto non lo è. Dovrai indicare:
- i tuoi dati (nome, cognome, indirizzo e codice fiscale);
- i dati del committente (nome e cognome o denominazione, indirizzo, codice fiscale e/o partita IVA);
- tipo di lavoro svolto e il compenso lordo (ossia compreso il 20%);
- qual è l’importo della ritenuta d’acconto;
- il netto che dovrai percepire.
Modello di ritenuta d’acconto per lavoro autonomo
Vuoi un modello su come fare la notula? Ecco un esempio di ritenuta d’acconto per chi non ha partita IVA e non ha superato i 5 mila euro. Da sapere: le notule possono essere numerate per numero progressivo in base a quante ne avete già emesse fino a questo momento.
Quando fare la ritenuta d’acconto
In teoria è una ricevuta che dovresti emettere dopo che ti hanno pagato, ma spesso il datore di lavoro ne ha bisogno come sorta di memorandum per retribuirti quindi ti toccherà emetterla prima.
Se invece dovesse capitare che il datore di lavoro ti paghi prima e ti chieda subito dopo di emettere la ritenuta d’acconto, falla subito.
Questo perché il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta entro il 16 del mese successivo a quello in cui ti ha pagato, dovrà versare la ritenuta d’acconto allo Stato, ossia quel 20% che ha trattenuto e che potrai recuperare nella dichiarazione dei redditi, sottraendolo alle tasse da pagare o aggiungendolo al credito che hai maturato.
Lavoratori con partita IVA
Per i lavoratori autonomi con partita IVA la situazione è invece diversa. Tutto dipende dal regime a cui sono iscritti. Chi ha per esempio il regime forfettario non è tenuto a mettere la ritenuta in fattura.
La ritenuta si applica dunque sui compensi addebitati dai lavoratori autonomi nei confronti di chi è titolare di una partita IVA (azienda, ente o altro professionista autonomo).
In questo caso, il sostituto d’imposta è colui che commissiona il lavoro e pertanto riceve la fattura con il compenso da pagare.
Spieghiamoci meglio: mettiamo che tu faccia l’avvocato ed emetta una fattura, comprensiva di ritenuta, a un’azienda che ti ha commissionato il lavoro, ecco questa che è il tuo cliente, sarà il sostituto d’imposta.
Ritenuta d’acconto: come compilarla
Cosa devi fare tu? Quando emetti fattura (prima o dopo il pagamento, dipende se emetti una proforma o meno o se sei d’accordo sull’emettere fattura dopo il pagamento) devi applicare la ritenuta pari:
- al 20% a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, con l’obbligo di rivalsa (ai fini contributivi se si è iscritti all’INPS come ente che è del 4% o del 2% se per esempio si è iscritti all’INPGI);
- al 30% nel caso di soggetti non residenti per i quali è la ritenuta non è a titolo di acconto dell’imposta bensì a titolo definitivo.
La ritenuta d’acconto al 20% va applicata e calcolata in fattura nel momento in cui viene pagato il compenso per la prestazione professionale.
Si evince che in questi casi l’aliquota ordinaria per i redditi da lavoro autonomo è del 20% sull’imponibile. E questo per l’appunto se la prestazione viene svolta in Italia.
Cos’è la base imponibile
Cosa si intende per base imponibile? È l’importo su cui applicare l’aliquota ed è composto da diverse voci:
- compensi professionali;
- contributo del 4% per chi è iscritto alla Gestione Separata INPS (quota diversa per altre casse previdenziali);
- eventuali rimborsi spese che siano diverse da quelle alberghiere o di ristorazione.
Per esempio: se tu hai un’imponibile di 100 euro, chi ti deve pagare e ti ha chiesto il lavoro dovrà versarti 80 euro come compenso maggiorato delle imposte e più eventuale rivalsa, + 20 euro come ritenuta d’acconto.
Qui la situazione non cambia rispetto alle collaborazioni occasionali: questi 20 euro (restando nell’esempio) il tuo committente li dovrà sempre versare all’Erario entro il 16 del mese successivo. Di fatto non sarà una parte che vedrai sul tuo conto, ma una parte che il committente ha versato in acconto.
Ritenuta d’acconto: quando si paga
Il sostituto d’imposta deve versare la ritenuta entro il 16 del mese successivo a quando ha pagato il lavoratore o collaboratore. Se il 16 è un giorno festivo si va al primo giorno lavorativo utile, eccezion fatta per agosto (quando i pagamenti slittano tutti al 20 del mese).
Tale versamento deve essere fatto con l‘F24 utilizzando i codici tributo identificativi del tipo di reddito corrisposto, reperibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
Il sostituto d’imposta ha poi anche altre scadenze: entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui ha pagato il collaboratore, deve consegnargli la Certificazione Unica con la quale sono attestate le ritenute operate, a prescindere dal loro effettivo versamento. Tale certificazione va poi trasmessa all’Agenzia delle Entrate in via telematica e inviata alla persona con cui si è collaborato, via posta elettronica certificata o a mezzo raccomandata.
Il committente deve inoltre presentare il modello 770 in cui riporta tutte le ritenute operate, gli estremi dei versamenti e i soggetti che cui sono state fatte.
ciro accardo
paese complicato , fatto aposta x una pletora di :
1)ragionieri
2)fiscalisti
3)commercialisti
4)revisori contabili
ecc..ecc…..ecc……………….
che poi , trasformano il POVERO CRISTO che a loro si e’ rivolto per l’ASSISTENZA FISCALE in un ”cornuto e mazziato” in quanto , al sollevarsi dell’accertamento , si scopre SEMPRE che e’ stato il ”lavoratore autonomo–artigiano–professionista” che NON ha consegnato una qualche documentazione , per cui , alla fine , chi ti avrebbe dovuto fornire ASSISTENZA FISCALE , non ti ”assiste” piu’ ;
fare delle norme SEMPLICI farebbe bene a TUTTI.
ciro accardo
Cinto
Parlando di VERI commercialisti , SE per un disguido o altro non hanno fornito adeguate indicazioni al cliente o non hanno verificato la completezza di quanto occorre trasmettere agli enti, allora sono chiamati a rispondere del danno economico, sia assistendolo gratuitamente nell’eventuale ricorso presso la commissione tributaria (se vi son gli estremi e la convenienza per ricorrere) sia rimborsandolo dell’eventuale esborso imprevisto, grazie anche all’assicurazione obbligatoria sui rischi professionali. Va da sè che queste evenienze li espongono ad un aumento del premio annuo. Se invece l’accertamento/sanzione dipende dall’avere omesso il cliente qualcosa su cui era stato debitamente istruito, che era di sua diretta competenza e che non era verificabile preventivamente da parte dei consulenti fiscali, allora essi dovrebbero quantomeno accompagnarlo in giudizio, sebbene a fornte di compenso professionale.
In ogni caso generalizzare non è giusto: vi sono studi seri che aggiornano periodicamente il cliente sulle novità fiscali, cercando di semplificare al massimo i termini tecnici, e controllano la congruità di quanto viene loro consegnato prima di trasmetterlo agli enti.
Matteo
Sono un ragazzo che lavora occasionalmente in un condominio come portiere/guardiano e vengo pagato con ritenuta d’acconto. Se non ho capito male posso ricevere pagamenti tramite ritenuta da un committente per un massimo di 2.500€, giusto? Mentre da più committenti il limite è di 5.000€. Ma CONCRETAMENTE cosa mi succede se si superano questi limiti? E sempre se non sbaglio, mi sembra che anche il committente possa pagare i suoi collaboratori con ritenuta d’acconto per un massimo di 5.000€. Ma, allo stesso modo, quali sono le conseguenze se anche il committente sfora queste cifre? E un’ultima domanda: leggendo un pó sui requisiti delle prestazioni autonome occasionali mi sono fatto l’idea che nel mio caso il condomino usi i pagamenti in ritenuta d’acconto in maniera fraudolenta per non assumermi. Se mi sbagli o meno la cosa non mi interessa molto; mi interessa più che altro che i periodi di tempo in cui lavoro per loro mi contino ai fini contributivi e per l’eventuale richiesta di sussidio di disoccupazione (Naspi). Ergo, con quale contratto posso suggerire al condominio che mi paghi/assuma in modo che anche loro peró non si sentano troppo vincolati? Ad esempio credo che con più proroghe di un (semplice) contratto a tempo determinato loro siano costretti ad assumermi a tempo indeterminato. Cosa che probabilmente nè io nè loro vogliamo.