Nessun aumento tasse: le dichiarazioni del Premier
Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel corso di un’intervista a 360 gradi rilasciata al quotidiano La Repubblica, ha toccato anche il nodo dei conti pubblici e dell’ipotesi dell’aumento dell tasse. Da più parti si evoca una manovra correttiva per il 2016 a causa delle clausole di salvaguardia. Di seguito le parole di Renzi:
“Da tre anni conviviamo con il rischio di manovre correttive, ma posso dire con certezza che non ce ne sarà una per il 2016.
Purtroppo ci troviamo a fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia perché i governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie finanziarie [oggi leggi di stabilità ].
Seguiremo la linea già tenuta fin qui scongiurando un salasso da 15 miliardi: l’Iva non aumenterà . E le tasse continueranno a scendere, perché andremo avanti sul taglio dell’IRES.”
Nessun aumento tasse: attenzione alle clausole di salvaguardia
Le clausole di salvaguardia sono norme che scattano automaticamente, ad esempio, nel caso in cui la spesa pubblica ecceda le stime, andando a recuperare la differenza attraverso il gettito e dunque una maggiore tassazione.
Le clausole di salvaguardia nascono come degli impegni del Governo, inseriti nella normativa italiana, nei confronti della UE. Di fatto si tratta di previsioni collegate al raggiungimento di determinati obiettivi fiscali o di spesa. Un esempio? L’impegno del Governo, preso due anni fa circa, ad aumentare le aliquote IVA nel caso non fossero stati raggiunti gli obiettivi di recupero dell’evasione fiscale (aumento per ora scongiurato).
Si tratta di un meccanismo automatico che in qualche modo mina le dichiarazione del Governo, incluse quelle del Premier rilasciate negli scorsi giorni. Staremo a vedere.
Nessun aumento non significa una diminuzione
Le tasse non aumenteranno, ma questo non significa che diminuiranno. Se ad una prima lettura questa notizia non può far altro che piacere, l’altro alto della medaglia apre ad uno scenario non proprio così sereno.
Tanto per inquadrare il problema, le imprese italiane sono quelle che pagano più tasse in Europa. Il 64,8% dei loro profitti entra nelle casse dello Stato, solo la Francia si avvicina a noi con il 62,7% e la media europea si ferma sul 43,6%. Valori che comunque non interessano solo le attività , ma colpiscono anche il singolo consumatore.
Ad esempio sull’auto lo Stato incamera ben 71 miliardi di euro l’anno, con una crescita registrata del +8% rispetto al 2015. Dati, questi, che chiedono un corposo abbassamento più che un blocco sull’aumento.
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