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Incidenti stradali: quando il risarcimento è ridotto?

Sinistri stradali e risarcimento ridotto: sì, ma quando?

Risarcimento ridotto se la riparazione è antieconomica

La Cassazione ha stabilito che, se la riparazione di un veicolo coinvolto in un sinistro stradale ha un costo più elevato del suo effettivo valore di mercato, in sede di risarcimento danni, il proprietario del mezzo otterrà solo la somma ad esso corrispondente, con la totale esclusione delle spese di riparazione.

Precisamente, l’ordinanza che stabilisce quanto sopra accennato, è quella numero 24.718 del 4.11. del 2013, con la quale la Corte ha deciso che condannare il danneggiante a pagare una somma più alta del reale valore di mercato del mezzo incidentato, costituirebbe una sanzione esageratamente ed ingiustamente pesante per la compagnia assicurativa. In simili circostanze quindi, il riconoscimento al danneggiato di un risarcimento uguale al valore di mercato del suo veicolo, appare la soluzione più equa e adatta a ripristinare la giusta proporzione tra il danno subito e il legittimo ristoro.

Motivazione della sentenza

Dopo aver dichiarato il proprio orientamento in base a cui a norma dell’articolo 2058, secondo comma, del Codice Civile “il giudice, allorché sia richiesto il risarcimento in forma specifica può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore”, cosa che accade quando “il sacrificio economico necessario per il risarcimento in forma specifica, in qualsiasi dei modi prospettabili (incluse, quindi, le riparazioni effettuate direttamente dal danneggiante o la corresponsione delle somme al danneggiato per effettuare dette riparazioni), superi in misura appunto eccessiva, date le circostanze del caso, il valore da corrispondere in base al risarcimento per equivalente”, ne consegue va avanti la sentenza – che in caso di notevole differenza tra il valore commerciale del veicolo incidentato ed il costo richiesto dalle riparazioni necessarie, il giudice potrà, in luogo di quest’ultimo, condannare il danneggiante (ed in caso di azione diretta ex art. 18 legge n.990/69, l’assicuratore), al risarcimento del danno per equivalente”.

Proprio le suddette considerazioni hanno spinto la Suprema Corte a respingere il ricorso presentato da un uomo la cui automobile era stata rottamata in seguito ad un forte tamponamento subito da parte di un autocarro, e il cui risarcimento era stato stabilito in circa 2.000 euro, esattamente pari al suo valore di mercato in quel preciso momento.

 

Il costo complessivo delle riparazioni che sarebbero occorse per ripristinare il normale funzionamento del mezzo, è apparso al giudice troppo esoso rispetto al suo oggettivo prezzo di mercato, pertanto ha deciso che il danneggiante dovesse pagare solo il suo esatto equivalente.

Bocciata la richiesta del pagamento dell’Iva

A seguito di quanto espresso il giudice ha altresì bocciato la richiesta del pagamento dell’Iva sulle riparazioni, chiarendo che: “è pur vero che il risarcimento del danno patrimoniale si estende agli oneri accessori e consequenziali, ma solo qualora la liquidazione sia stata operata in base alle spese di riattazione il risarcimento comprende anche l’Iva; essendo in questo caso stato riconosciuto il valore commerciale del veicolo e non l’importo, non sarebbe possibile aggiungervi l’Iva, occorrente per le riparazioni”.

Voi cosa ne pensate?

Personalmente non sono d’accordo con questa sentenza. È vero che la macchina di questo signore aveva un valore di mercato di 2.000 euro, ma è altrettanto vero che  fino a quando un autocarro non ha deciso di tamponarla non aveva nessuna intenzione di rottamarla! Ora ditemi voi con 2.000 euro cosa riuscirà a comprarsi! L’assicurazione dovrebbe ripristinare lo stato dell’auto. Questo fenomeno purtroppo è destinato ad aumentare, dato che la crisi continua e la gente non compra auto nuove.

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