Le premesse
La Banca centrale di Washington aveva alzato i tassi fino allo 0.50% già a dicembre e, ai tempi, le previsioni parlavano di un secondo possibile rialzo a marzo. I governatori si rifanno alla curva di Phillips, che prevede un aumento dell’inflazione quando diminuisce la disoccupazione. In realtà le previsioni sono state corrette in base a due fattori transitori ed esterni:
- gli investimenti privati deboli come l’export netto e i consumi;
- gli sviluppi economici e finanziari globali continuano ad essere rischiosi.
La strategia Fed
L’analisi e la conseguente strategia della Fed (Federal Reserve, la Banca Centrale degli Stati Uniti) punta sulle pressioni provenienti dal mondo del lavoro (che è in ripresa) e dai salari in modo che spingano l’inflazione.
Si prevede quindi un rialzo dei tassi meno rapido. Per la fine del 2016 si punta all’1% e, per il 2017, si alzerà di un altro punto percentuale con un’ulteriore accelerazione nel 2018. Sul lungo periodo l’obiettivo è di arrivare al 3,41%-3,46%.
Inflazione e disoccupazione: la curva di Phillips
Si tratta della già citata curva di Phillips, la teoria macroeconomica che afferma che un aumento della disoccupazione determina un decremento dei prezzi. Il modello però funziona solo se le aspettative sui prezzi sono corrette; la Fed, difatti, non ha voluto enfatizzare il rialzo dell’inflazione che i dati sembrano rilevare.
Il vicepresidente della Fed, Stanley Fisher ha dichiarato che la curva di lungo periodo compare quasi piatta. Infatti, la disoccupazione può calare senza che l’inflazione presenti delle variazioni, poiché il legame tra le due non è mai stato molto forte.
Queste impressioni sono confermate dalle basse aspettative e dai salari sconfortanti, tuttavia Janet Yellen, il presidente della Federal Reserve, afferma che continueranno ad inserire il modello nelle proiezioni.
La Yellen approfondisce, inoltre, i motivi per cui le aspettative sul rialzo dei tassi di interesse hanno subito delle variazioni consistenti: il prezzo del petrolio e di molti metalli è salito e il mercato del lavoro si è espanso e ha creato dei nuovi posti di lavoro sul mercato americano. Fintanto che le politiche fiscali dei maggiori paesi non subiranno un espansione, e non si creerà una distribuzione equa dei redditi, l’inflazione non sarà da considerarsi come un  pericolo.
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