Quando la Juve sbaglia, le altre sbagliano di più. Allegri predica calma e sa che è meglio avere otto punti di vantaggio che averne sette. E allora si tiene stretto il pari di Udine e lo somma alla sconfitta che la Roma ha rimediato in casa contro il Napoli di Mertens.
In chiave Champions l’Atalanta ha perso il treno e ora dovrà difendere con le unghie l’Europa League a San Siro contro l’Inter, che con il roboante 1-5 di Cagliari si avvicina a una sola lunghezza da Gasperini.
Nella Samp continua a segnare Fabio Quagliarella, che fa tre su tre dopo la sentenza che gli ha cambiato la vita. Adesso c’è il derby con il Genoa, forse rinato sulle ali del talento di Ntcham.
Otto è meglio di sette
C’è una legge non scritta che la Juventus ha dettato alle sue inseguitrici ad agosto. Si chiama legge dell’allungo e prevede che la squadra di Allegri prolunghi (al limite lascia invariato) il distacco dalle dirette rivali ogni domenica.
E così i bianconeri si concedono il primo pareggio dopo tredici mesi (l’ultimo a febbraio, uno 0-0 con il Bologna) in una gara giocata effettivamente male e che Allegri ha rischiato anche di perdere se non fosse per la zampata di Bonucci. Fatto sta che la Juve bruttissima da vedere porta via dalla Dacia Arena un punto pesantissimo vista la contemporanea sconfitta della Roma in casa. Ora è a + 8, magari avrà fallito un match-point, ma difficilmente si farà riprendere da Spalletti.
La serenità con cui Allegri assimila questo pari sta tutta nel cambio finale, tutt’altro che propositivo: dentro Rincon e fuori Dybala. Non la sostituzione che uno fa quando ha l’impellente necessità di vincere.
Reina’s karma
La vigilia di Roma-Napoli non è stata delle più serene per Pepe Reina. L’alone di polemiche che ha viaggiato da Madrid fino a Torino si è impregnato nei guantoni dello spagnolo, che all’ultimo istante della sfida romana ha trascinato il karma dalla sua parte con un movimento di reni andato contro tutte le leggi della fisica.
Gli 80 minuti di pura estasi e bellezza prodotti dal Napoli stavano andando in frantumi negli istanti finali. Prima il palo di Salah, poi il gol di Strootman e infine la conclusione di Perotti; è quest’ultima la fotografia della partita. Una deviazione sbagliata, una traiettoria che finisce innegabilmente in porta. Quasi sempre, almeno. Non in quel momento, però. Non questa volta. Reina è quasi a terra, ma scatta in piedi quanto basta per baciare la traversa e scrivere un miracolo. Nove su dieci quella palla entra inevitabilmente e in porta e genera una settimana di critiche feroci alla squadra per la rimonta subita.
Reina è il caso isolato che spezza la maledizione e porta un po’ di buon umore al San Paolo per tentare un’impresa ancora più titanica, chiamata Real Madrid.
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Bulli di quartiere
L’Inter è il bullo di quartiere che fa il grande con i piccoli e il piccolo con i grandi. Se è vero che durante i grandi appuntamenti le gambe hanno tremato, è anche vero che con le squadre inferiori l’Inter non si è mai posta troppi problemi e ha sbarazzato la concorrenza con prove violente e decise. Ora l’1-5 rifilato al Cagliari è l’indicatore principale con cui Icardi & Co. cancellano il capitombolo con la Roma e attendono l’Atalanta per il sorpasso la prossima settimana.
Forse Pioli non ha ancora plasmato la mentalità giusta per superare avversari più quotati, ma ha reso la sua squadra un rullo compressore nelle partite da vincere obbligatoriamente. E non è poco. Ci sono squadre – il Napoli, un esempio su tutti – che proprio con le piccole dilapidano i tesoretti più importanti. Saper bullizzare il proprio quartiere non è per forza un male.
A cresta alta
Sinisa Mihajlovic deve ringraziare ogni giorno di aver trovato Andrea Belotti nella sua squadra. In un gruppo di talenti incompiuti e discontinui, il Gallo è l’unico che resta sempre sul pezzo e buca le porte avversarie con una facilità disarmante. Senza l’one man show del Toro anche la salvezza sarebbe stata in discussione.
In dieci minuti ha preso per i capelli il Palermo e l’ha ribaltato con una tripletta – la seconda in stagione – fantascientifica. Sale a quota 22 in campionato, di cui solo uno dal dischetto (se solo avesse realizzato tutti i rigori sbagliati!). È un uomo devastante, già pronto per una grande squadra che con ogni probabilità arriverà l’anno prossimo. Adesso la Maratona invoca il suo nome e Miha se lo gode. Ma l’anno prossimo sia lui che Hart, le due colonne portanti di questo gruppo, andranno via con ogni probabilità . I gol di Belotti meritano un’altra classifica. Altre ambizioni.
Radical Schick
Schick è il giocatore più curioso di questo campionato. Ha segnato sette reti ed è partito titolare appena cinque volte. Segna una rete ogni cento minuti, una media inferiore solo a Higuain, Mertens, Dzeko e Belotti. È un giocatore tecnicamente devastante, che ancora non ha trovato il suo posto nel mondo. Si sente attaccante, ma viene impiegato da Giampaolo nei finali convulsi alle spalle delle punte per spaccare le partite. E ci riesce quasi sempre.
Schick è un anarchico ed è il motivo per cui quando è partito titolare ha sempre steccato. Ma quando viene gettato nella mischia e ogni ordine tattico è già saltato, lui sa emergere dal disordine e puntare le porte avversarie come un cecchino infallibile. Schick vive per il disordine. Vive dell’adrenalina di una mezz’ora finale – a volte gli basta anche meno –  in cui aprire in due le partite. Chissà cosa potrebbe succedere se dovesse disciplinarsi tatticamente.
Zona Ntcham
La salvezza di Mandorlini si chiama Olivier Ntcham. I quattro punti totalizzati in due partite sono merito del suo numero dieci, puntualmente inserito a gara in corso e puntualmente decisivo negli attimi più caldi della gara. Col Bologna è entrato al 90′ e ha evitato una sconfitta al 91′. Con l’Empoli ha sfruttato la mezz’ora finale per muovere dalla stasi una partita bloccata e firmare la salvezza con un colpo secco a sessanta secondi dalla fine. Il ragazzino del ’96 ha messo in cassaforte la permanenza in Serie A (non ce n’era bisogno con la ridicola concorrenza) e ha preparato il suo pubblico ad un derby che si prospetta molto più vivace.
Juric non aveva trovato da lui le prestazioni e aveva smesso di convocarlo, sentendolo come un suo fallimento. Questi due gol sono una pugnalata nello stomaco pesante per l’ex tecnico, che solo da casa sta ammirando il giocatore che avrebbe voluto. Al Castellani una rete da cineteca.
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