Molti Comuni hanno calcolato male la TARI dovuta dai cittadini, chiedendo di pagare un tributo maggiorato. La conferma è arrivata dalla risposta data dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta all’interrogazione parlamentare presentata da due parlamentari del Movimento 5 Stelle.
Dal 2014, l’anno in cui è stata introdotta la TARI, diversi Comuni hanno applicato più volte la quota variabile della tassa, che invece andrebbe applicata una sola volta. Mentre cittadini e associazioni dei consumatori preparano i ricorsi per ottenere i rimborsi, i Comuni lavorano a una rimodulazione delle tariffe per far quadrare i conti.
TARI gonfiata: cos’è successo
Per capire l’origine del caos sulla TARI gonfiata che è scoppiato negli ultimi giorni è importante capire come viene calcolata la tassa sui rifiuti.
La tassa sui rifiuti è stata istituita nel 2014 e ha un sistema di calcolo diverso rispetto ai tributi che la precedevano. Nella maggior parte dei casi la TARI viene calcolata sommando:
- Una quota fissa, la cui tariffa è diversa da Comune a Comune e che viene applicata all’intera superficie dell’abitazione, comprensiva delle pertinenze;
- Una quota variabile, calcolata in base al numero dei componenti del nucleo familiare.
L’errore commesso dai Comuni riguarda solo la quota variabile. Questa quota serve a differenziare il tributo in proporzione alla quantità di rifiuti prodotti. Per questo motivo la quota variabile è maggiore al crescere del numero degli abitanti dell’immobile. Il calcolo corretto della TARI prevede l’applicazione della quota variabile una sola volta, sull’abitazione e sulle pertinenze.
L’errore nel calcolo della TARI nasce dell’applicazione della quota variabile su ciascuna pertinenza. Nel caso, ad esempio, di un appartamento comprensivo di garage e cantina, alcuni Comuni hanno applicato la quota variabile tre volte invece di una.
TARI gonfiata: quali sono i Comuni interessati
Non è ancora chiaro quali siano i Comuni che hanno chiesto il pagamento di una TARI superiore a quella dovuta. Secondo il Codacons alcuni degli interessati sono Ancona, Catanzaro, Genova, Milano, Napoli, Rimini e Siracusa.
Il Sole 24 Ore ha stimato che l’errore è stato commesso da circa il 10% dei Comuni, ma sono ancora poche le amministrazioni che hanno ammesso lo sbaglio.
Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, ha chiesto a tutti i Comuni italiani di pubblicare le modalità di calcolo adottate per definire gli importi dovuti per la TARI, in modo da facilitare l’individuazione degli errori.
Intanto il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha annunciato che nei prossimi giorni pubblicherà un documento di chiarimento sulle modalità di calcolo e di applicazione della TARI, in modo da evitare ulteriori errori di interpretazione da parte dei Comuni.
Come controllare se si ha diritto al rimborso
Come sapere se si è pagato più TARI del dovuto e quindi se si ha diritto al rimborso? Per il momento, spetta ai singoli cittadini fare le verifiche e presentare una richiesta di rimborso.
Per verificare se l’imposta è stata calcolata correttamente oppure no bisogna recuperare le lettere inviate dal Comune per la TARI degli anni successivi al 2014 e controllare, per prima cosa, le modalità di calcolo del tributo adottate dal proprio Comune e, in seguito, controllare gli importi addebitati.
I Comuni possono calcolare la TARI in tre modi diversi:
- Applicando le tariffe della vecchia TARSU (in questo caso non c’è il pericolo di errori);
- Applicando una tariffa puntuale sui rifiuti, cioè facendo pagare la TARI in base ai rifiuti effettivamente prodotti dalle famiglie e non in base alla dimensione dell’abitazione (anche in questo caso non c’è pericolo di errori);
- Calcolando la TARI dovuta applicando una quota fissa e una variabile.
Se il tuo Comune adotta il sistema di calcolo che prevede una quota fissa e una variabile dovrai controllare gli importi addebitati e verificare se la quota variabile è stata calcolata una sola volta o più volte. Puoi fare questo controllo autonomamente, oppure chiedere aiuto a un CAF o a un commercialista.
Come richiedere il rimborso alla TARI gonfiata
Diverse associazioni di consumatori si sono mosse da subito per fornire supporto ai contribuenti e per aiutarli nelle richieste di rimborso. L’associazione Movimento difesa del cittadino ha istituito la campagna “SOS TARI”, mentre il Codacons ha promosso un’azione collettiva per richiedere i risarcimenti ai Comuni interessati.
Ora che è stato scoperto l’errore, anche il MEF sta lavorando per capire come organizzare i rimborsi. Non è escluso che vengano definite delle procedure dedicate, ma bisognerà aspettare la prossima settimana per conoscere cosa ha deciso il Ministero.
Chi vuole può chiedere il rimborso anche agendo autonomamente già da subito. Per farlo, bisogna inviare una raccomandata al Comune (o eventualmente alla società privata che si occupa della riscossione per conto del Comune), allegando le ricevute di pagamento della TARI, per le annualità maggiorate, e chiedere il rimborso ai sensi della risposta all’interrogazione parlamentare 5-10764 del 18 ottobre 2017. In caso di errori si può presentare ricorso entro un massimo di 5 anni dalla data di pagamento.
Il Comune ha 90 giorni di tempo per rispondere alla richiesta di rimborso. Trascorso questo termine, se non è arrivata la risposta dell’amministrazione comunale, si può fare ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale. Se invece il Comune rigetta il ricorso, si può impugnare il provvedimento entro 60 giorni dalla data di notifica.
C’è da dire che alcune associazioni di consumatori hanno richiesto che siano i Comuni stessi a provvedere ai rimborsi adottando un provvedimento in autotutela. Una delle soluzioni suggerite è quella di compensare il rimborso con l’imposta dovuta per l’anno 2018.
Aumento della TARI dal 2018?
I Comuni che hanno fatto pagare una TARI maggiorata dovranno rifare i calcoli e restituire ai cittadini la maggiore tassa versata e gli interessi calcolati in base al tasso legale. Una notizia positiva per chi negli anni passati ha pagato più di quanto avrebbe dovuto, ma che si ritorcerà contro tutti.
La TARI viene usata dai Comuni per coprire i costi dello smaltimento dei rifiuti. I rimborsi causeranno un buco di bilancio che i sindaci dovranno comunque coprire. Per gli anni 2016 e 2017 i Comuni che hanno sbagliato i calcoli potranno richiedere un conguaglio ai cittadini, mentre dal 2018 dovranno rivedere le tariffe e aumentare la TARI per tutti in modo da pareggiare i costi.
Il rischio, paradossale, è che dal prossimo anno aumenterà il prelievo nei confronti di chi ha meno per rimborsare chi ha di più. Si parla di un aumento medio pro capite di 6-8 euro, ma per conoscere i numeri effettivi bisognerà aspettare di sapere l’ammontare delle somme da rimborsare.
TEICIPO
Queste sono le voci che compongono la TA-RI (Tariffa rifiuti) del comune di Roma :
Importo Quota fissa (Euro/mq 1,21809951)
Importo Quota variabile (Euro/mq 1,30004028)
Importo Quota variabile n. occupanti (Euro 16,08425346)
T.E.F.A. – Tributo Esercizio Funzioni Ambientali 5 %
Sono giuste ?
O c’è qualcosa in più ?
Steno
Qui a Padova un’ente (PAdova Tre) ha gonfiato volutamente le bollette anche finoa 10 volte, tanto che gli amiinistratori sotto indagine solo oltre 20 di cui 5 rischiamo la galera, poichè i vari conti correnti devivano per altre vie, come ad esempio finaziamento copperativa gestione profughi o la casa in montagna… Il danno criminale di questi personaggi è che ad oggi, nonostante le opposizioni alle tariffe di chi denunicava e segnalava quanto accadeva, si trova a dover affrontare pignoramenti su ogni fronte, anche se quest’ente è stato dichiarato fallito (buco di 30-40 milioni ) e se il pignorante è/era una consociata di quest’ente !
Antonino Casciano
il comune di rc è interessato?
Giuseppe
Il finale dell’articolo mi lascia perplesso.
Ma come,un ente di riscossione fa un errore di calcolo e ciò giustificherebbe un aumento delle tariffe?!!!
Se a tutti i tributi si applicasse lo stesso principio ………
Se noi ,per errore,sbagliamo di pochi euro a pagare tasse,ci rincorrono con i cani………