Dopo un lungo dibattito politico e sociale, le unioni civili sono realtà anche in Italia. Con questo termine si definiscono le forme di convivenza di coppia alla quale la legge riconosce uno status giuridico simile, per molti aspetti, a quello del matrimonio.
Un’innovazione che va soprattutto incontro alle necessità di quelle coppie che, pur convivendo da tempo, non desiderano affrontare l’iter del matrimonio e, soprattutto, alle coppie omosessuali che trovano così modo di regolarizzare il proprio nucleo familiare. Con il parere favorevole del Consiglio di Stato al decreto sui registri per le unioni civili è stato superato anche l’ultimo “ostacolo” all’attuazione delle unioni civili.
Unioni civili: il decreto appena approvato dal Governo
Nel nostro paese erano anni che si continuava a parlare della necessità di regolamentare questo istituto senza però riuscire a tramutare il dibattito in una proposta di legge concreta. Già nel 2008 ci aveva provato l’allora Governo Prodi con i DICO (DIritti e doveri delle persone stabilmente COnviventi) a dare riconoscimento ai rapporti di convivenza senza però riuscire a far approvare il decreto.
L’istituto delle unioni civili, in vigore dal 5 giugno 2016, è stato introdotto dall’art 1, commi 1-35, della Legge 20 maggio 2016, n. 76 ed è stato pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 21 maggio 2016 con la denominazione “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.
Sono molte le novità introdotte, ma le principali possono riassumersi nella nascita delle unioni civili, che portano con sé una serie di diritti e doveri molto simili al matrimonio  (tra cui la reversibilità della pensione) e del contratto di convivenza, con obblighi reciproci minori e limitati diritti (come la reversibilità ).
Unioni civili in Italia
Ma quali sono i principali diritti ed obblighi derivanti dalla nuova Istituzione delle unioni civili? Vediamo le più importanti.
- l’unione civile si costituisce “di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni“. L’atto viene registrato nell’archivio dello stato civile;
- le parti, “per la durata dell’unione civile, possono stabilire di assumere un cognome comune scegliendolo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome”.
- “dall’unione deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione“. Non c’è obbligo di fedeltà , come nel matrimonio. “Entrambe le parti sono tenute ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni“;
- “Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato“. Il comma ricalca le norme del diritto di famiglia;
- il regime ordinario sancisce la comunione dei beni, a meno di diverso accordo delle parti;
- con la nuova legislazione la pensione di reversibilità e il TFR maturato sono diritto del partner dell’unione. Per la successione valgono le medesime norme in vigore per il matrimonio. Al partner ancora in vita va il 50%, il restante è destinato ad eventuali figli;
- lo scioglimento è definito e regolamentato dalle norme della legge sul divorzio del 1970. Non sarà però obbligatorio, come per il matrimonio, il periodo di separazione.
Escluse dopo un dibattimento estenuante, la parte del decreto riguardante la Step Child Adotion. Qui “resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni dalle norme vigenti“, permettendo ai singoli Tribunali, per via giurisprudenziale, di valutare e concedere la stepchild adoption caso per caso.
Coppie di fatto: il contratto di convivenza
Rilevanti, ma certamente meno profonde le novità previste per le coppie di fatto, quelle coppie che pur convivendo stabilmente decidono di non formalizzare il rapporto con il matrimonio. Per loro nasce il contratto di convivenza che prevede:
- niente eredità né reversibilità della pensione;
- medesimi diritti dei coniugi nell’assistenza del partner in carcere e in ospedale;
- ciascun convivente può decidere, in caso di incapacità del partner, per le decisioni in merito di salute, donazione degli organi, trattamento del corpo e celebrazioni funerarie;
- in caso di morte di uno dei partner, il restante ha diritto di subentrare nel contratto di locazione o, se il deceduto è proprietario della casa, di continuare a vivere in quella abitazione tra i due e i cinque anni;
- il diritto sottoscrivere un contratto che regoli i rapporti patrimoniali. È prevista anche la comunione dei beni;
- se la convivenza finisce, il giudice può stabilire il diritto del convivente, se in situazione di difficoltà , di ricevere dal partner gli alimenti. Il periodo di convivenza è un fattore determinante per stabilire l’entità della cifra da versare.
Unioni civili in Europa
La questione delle unioni civili in Europa è legata al rispetto di uno dei fondamenti stessi dell’Unione: tutti i cittadini devono avere gli stessi diritti, indipendentemente dalla loro origine, nazionalità , condizione sociale, credo religioso o orientamento sessuale.
Già nel lontano 1994 la Comunità Europea aveva dato vita ad una risoluzione per sancire l’uguaglianza di diritti dei gay e delle lesbiche. Un’iniziativa più politica che non operativa, ma che ha da subito sancito la posizione europea in materia. Il 16 marzo 2000 fece richiesta e sollecito gli stati membri a “garantire alle famiglie monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie e alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti sociali“.
Una posizione rinsaldata il 4 settembre 2003: oltre alla richiesta fatta nel 2000, l’Unione chiedeva di operare per il riconoscimento delle coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali. Queste richieste e la crescente crescita numerica delle coppie di fatto ha spinto numerosi paesi a regolamentare tali forme di convivenza, dando vita a forme ed interpretazioni molto diverse.
Sono molti gli Stati ad aver scelto la strada dell’unione registrata, chiamata anche partnership o coabitazione registrata, la quale garantisce diritti e doveri anche a coppie dello stesso sesso oltre che alle convivenze fuori dal matrimonio che tra uomo e donna. A seconda delle legislazioni tali diritti e doveri possono differire in modo più o meno rilevante da quelli riservati all’Istituto del matrimonio.
La registrazione è spesso possibile anche alle coppie etero non sposate, come ad esempio succede nella Geregistreerd Partnerschap, unione registrata prevista nei Paesi Bassi, e del PACS (“Patto civile di solidarietà ”) francesi. In altri casi invece l’unione civile è ammessa solo per le coppie omosessuali (Germania, §1 Abs.1 LPartG).
Molte nazioni (ad esempio Paesi Bassi, Belgio e Spagna) in aggiunta al riconoscimento giuridico delle coppie non coniugate di qualunque sesso, ha regolamentato anche il matrimonio per le coppie del medesimo sesso, dando vita ad una perfetta parità di diritti e doveri per i cittadini.
Unioni civili: comunione dei beni e abitazione principale
Nel momento i cui le coppie si presenteranno davanti all’ufficiale di Stato con due testimoni, il regime patrimoniale sarà quello della comunione dei beni. La comunione dei beni comporta il diritto di disporre del patrimonio del partner e il dovere di onorarne i debiti, molto probabilmente si potrà accedere all’istituto del 730 precompilato congiunto. Come per il matrimonio si potrà decidere, sul momento o in una fase successiva, di procedere con la separazione dei beni (strategia solitamente consigliata nel caso i cui almeno uno dei partner abbia un’attività di lavoro autonoma e potenzialmente soggetta alle norme sul fallimento).
Sempre al momento dell’unione, l’abitazione indicata come dimora diventerà l‘abitazione principale di entrambi, con chiare ripercussioni su detrazioni IRPEF e imposte sugli immobili come IMU e TASI.
Gianna
Buongiorno sarei curiosa di sapere che ruolo ha e quali benefici potrà trarre una figlia che ha vissuto tutta la sua vita, dal giorno della nascita fino ad oggi, prendendosi cura, condividendo le spese, gli oneri casalinghi, le ferie, i viaggi, la residenza, l’abitazione senza mai cambiare indirizzo, le amicizie, il tempo libero, tutto insomma come una vera coppia.
Considerando che questo sarà per sempre, e che ora lo scambio è diventato unilaterale in quando modificatosi in pura assistenza vista l’età e la salute del genitore.
Vorrei sapere con quale criterio si procederà alla valutazione di questi casi, considerando il valore sicuramente intrinseco e maggiore di una situazione creatasi successivamente.
Grazie
Paola
La stepchild adoption (in inglese “adozione del figlio affine”), adozione del configlio, [1] o adozione in casi particolari[2] è un istituto giuridico che consente al figlio di essere adottato dal partner (unito civilmente o sposato) del proprio genitore. Da: Wikipedia