Da giugno 2017 è in vigore la “tassa Airbnb”, un nuovo sistema di tassazione sugli affitti brevi. Intermediari e portali online di prenotazione sono considerati sostituti d’imposta, quindi devono trattenere e versare all’erario il 21% dell’importo pagato per gli affitti di durata inferiore a 30 giorni.
Gli obblighi a carico dei portali online
L’entrata in vigore della manovra correttiva (D. L. 50/2017) ha fatto scattare anche i primi adempimenti previsti da quella che è stata rinominata tassa Airbnb. I portali online e chi fa da intermediario tra chi propone un immobile in affitto per un periodo inferiore a 30 giorni e chi richiede un alloggio breve devono:
- comunicare al Fisco i dati del contratto (in caso di più contratti stipulati dallo stesso locatore per lo stesso immobile si può ricorrere a una trasmissione dei dati in forma aggregata):
- trattenere il 21% dell’importo dell’affitto, se gli intermediari intervengono nella fase di pagamento o di incasso.
I dati da trasmettere sono:
- nome, cognome e codice fiscale del locatore;
- indirizzo dell’immobile;
- durata del contratto;
- importo lordo del corrispettivo.
Tassa Airbnb: come funziona
A essere soggetti alla tassa sono i contratti di locazione breve, di durata inferiore a 30 giorni, stipulati a partire dal 1 giugno 2017. Questi contratti, così come quelli di sublocazione e i contratti di concessione in godimento oneroso di un immobile da parte del comodatario, sono soggetti alla disciplina opzionale della cedolare secca, che permette di applicare una tassazione del 21% sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali sui redditi legati alla locazione.
Sull’importo lordo del contratto si applica la ritenuta del 21%. Quest’importo è a titolo d’acconto se il proprietario dell’immobile non ha aderito al regime della cedolare secca o a titolo d’imposta se ha deciso di aderire.
La ritenuta applicata sull’importo lordo del contratto va versata entro il 16 del mese successivo. Al termine di ogni anno gli intermediari devono certificare e dichiarare le ritenute operate in applicazione della tassa Airbnb e inviare la certificazione unica ai proprietari degli immobili.
Tassa Airbnb: cos’è e perché è stata introdotta?
Della “tassa Airbnb”avevamo parlato già qualche mese prima della sua approvazione. L’idea, accantonata dal Governo Renzi, è stata ripresa dal Governo Gentiloni e inserita nella manovra correttiva 2017.
Si parla di “tassa Airbnb” perché il provvedimento interessa direttamente uno dei portali più conosciuti e più usati per gli affitti brevi di case vacanze e appartamenti. L’introduzione di una cedolare secca sugli affitti brevi è stata presa soprattutto per contrastare l’evasione fiscale, molto diffusa nel settore.
Fino allo scorso anno chi affittava uno o più posti letto per brevi periodi, cioè per meno di trenta giorni, doveva indicare questo reddito in sede di dichiarazione e pagarci di conseguenza l’IRPEF. In alternativa, poteva aderire al regime agevolato della cedolare secca al 21%. Di fatto, visto che non c’è l’obbligo di registrare questi contratti, molti di questi redditi non emergevano. Ora le cose sono cambiate e il governo Gentiloni ha deciso di far entrare in gioco i portali online, chiedendo loro di agire come sostituti d’imposta.
A un anno dalla sua introduzione, la tassa Airbnb ha fatto entrare nelle casse dello Stato molto meno del previsto. Secondo le stime iniziali, per il 2017 le entrate sarebbero dovute ammontare a 83 milioni di euro, mentre l’incasso effettivo è stato di 19 milioni. Per rendere più efficace la tassa sugli affitti brevi e rendere più semplici le cose per gli intermediari si sta pensando di cambiare il sistema di tassazione. Il ministro Centinaio ha già annunciato una revisione della tassa Airbnb entro i prossimi mesi.
La novità : i portali web diventano sostituti d’imposta
Per evitare l’evasione, il Fisco ha puntato sul coinvolgimento dei portali online che mettono in contatto chi offre posti letto e chi li richiede. I portali, le agenzie immobiliari e gli altri intermediari devono comunicare all’Agenzia delle Entrate tutti i contratti che sono stati conclusi attraverso il proprio servizio e devono agire come sostituti d’imposta.
Airbnb e gli altri intermediari sono tenuti a operare una ritenuta del 21% sul canone d’affitto versato da chi richiede i posti letto. L’anno successivo devono rilasciare ai proprietari la Certificazione Unica, con il riepilogo degli affitti percepiti e del totale delle ritenute. In caso di irregolarità o di mancato esercizio del ruolo di sostituti d’imposta, gli intermediari saranno multati: le sanzioni partono da un minimo di 2.000 euro.
Tassa Airbnb in vigore dal 1 giugno 2017
La tassa Airbnb è operativa a partire dal 1 giugno 2017 e si applica ai contratti:
- di locazione di durata inferiore a 30 giorni;
- di sublocazione;
- che permettono il godimento di un immobile a titolo oneroso.
Nel caso in cui i proprietari decidessero di non optare per il regime della cedolare secca, la trattenuta sarà considerata come un acconto sull’IRPEF dovuta.
Cedolare secca al 21% anche per i B&B senza partita IVA
Deve pagare la cedolare secca al 21% sugli affitti brevi chi affitta un immobile tramite portali di affitto tra privati oppure tramite agenzie immobiliari e altri intermediari. Sono inclusi nell’ambito di applicazione della tassa anche i bed and breakfast gestiti senza partita IVA.
Sono invece esclusi dall’ambito di applicazione della cosiddetta tassa Airbnb:
- affittacamere;
- agriturismi;
- bed and breakfast gestiti con partita IVA;
- attività ricettive gestite da imprese.
Lascia un commento