UBI ha ufficialmente proposto un’offerta vincolante di 1 euro al Fondo nazionale di risoluzione (valida fino al 18 gennaio) per tre delle quattro Good Bank, Nuova Banca delle Marche, Banca dell’Etruria e Carichieti, nate dalle ceneri degli Istituti salvati nel 2015. Una possibile soluzione ad una crisi netta, che aveva e tutt’ora segnava il comparto bancario italiano.
UBI: la struttura dell’offerta
L’offerta prevede una cessione pro-soluto da parte delle tre banche di 2,2 miliardi di sofferenze lorde e 0,5 di sofferenze probabili, una cessione che dovrà avvenire prima del closing previsto per il primo semestre. A questo seguirà un aumento di capitale capitale da 400 milioni da parte di UBI.
Le tre banche dovranno inoltre avere un patrimonio netto contabile pari ad almeno 1.010 milioni di euro ed un livello di copertura pari ad almeno il 28,28% delle inadempienze probabili lorde e almeno il 60% delle sofferenze. A questo si dovranno aggiungere oneri di ristrutturazione per 130 milioni, un Liquidity Coverage
Ratio medio ponderato maggiore del 100% e un Cet1 ratio medio ponderato che non sia inferiore al 9,1%. L’offerta prevede che il venditore si assuma l’impegno di intraprendere una ricapitalizzazione di 450 milioni delle Target Bridge Institutions entro il closing.
UBI dovrà invece, al fine di mantenere già dal 2017 un livello di Cet1 Fully Loaded della combined entity superiore all’11%, provvedere ad un aumento di capitale per 400 milioni. L’insieme di queste operazioni permetterà di portare il Cet1 Fully Loaded dal 2019 ad un livello superiore ai target del Piano Industriale di Ubi, con un dato intorno al 2020 al 13,5% rispetto al 12,8% previsto.
Il Direttorio della Banca d’Italia prenderà una decisione sulla cessione martedì prossimo. La Banca d’Italia, nella qualità di Autorità di risoluzione nazionale, è infatti l’azionista degli enti ponte nati dalla risoluzione del novembre 2015. L’offerta di UBI non passerà  quindi dall’esame dei CDA delle tre banche ponte, tutti presieduti da Roberto Nicastro, parte attiva a tutte le trattative.
UBIÂ utili netti a 1,2 miliardi per il 2020
Un’operazione non utile solo al comparto bancario italiano ed alle tre nuove banche, ma soprattutto ad UBI che, grazie all’operazione, prevede utili netti a 1,2 miliardi per il 2020.
Un piano che sembra convincere anche La Borsa, tanto che il titolo Ubi Banca è andato oltre i 3 euro e fino a un massimo di 3,162. L’andamento è stato seguito da un notevole aumento dei volumi, riportando il titolo su livelli pre-Brexit. Gli scambi si sono mantenuti elevati: sono infatti già passati di mano 26,2 milioni di pezzi, pari al 2,69% del capitale, rispetto alla media giornaliera delle ultime trenta sedute di 4,847 milioni di pezzi.
Gli analisti mantengono però un profilo attendista, ritenendo che che l’operazione sia neutrale per UBI in termini finanziari e che il deal lasci dubbi dal punto di vista strategico. Se è vero che il Cet1 ratio 2020 arriverà ad un confortante 13,5%, il Rote 2020 dovrebbe attestarsi in area 8%, non ancora in grado di coprire il cost of equity.
Stessa attesa da parte di Mediobanca Securities che ha lasciato il rating neutral e il target price a 3 euro, pur ribadendo che le acquisizioni permetterebbero a Ubi di far crescere la sua quota di mercato dell’1% al netto delle sofferenze, 20% superiore rispetto a quella attuale.
Un’acquisizione che però, secondo l’amministratore delegato di UBI,
«è coerente con la premessa che abbiamo più volte dichiarato: avere una crescita di valore a due cifre. È un deal che migliora il potenziale sull’economia di scala e viene chiuso con istituzioni che si sono dimostrate forti, difendendo la base di clienti in un momento di crisi importante»
La banca lombarda dovrà aspettare la risposta sull’offerta per le tre good bank dal Direttorio della Banca d’Italia, che si riunirà martedì: «Siamo ottimisti che darà risposta positiva, ma al momento dobbiamo parlare di un’offerta vincolante».
Trattativa sindacale per gli esuberi
Se l’operazione dovesse andare in porto uno dei punti fermi di UBI sarà ridurre gli oneri operativi (-30% nel 2020), partendo da una razionalizzazione dei costi, soprattutto quelli legati alla forza lavoro. L’integrazione delle 3 banche nel gruppo UBI porterà ulteriori razionalizzazioni, derivanti soprattutto dalla possibile chiusura di filiali, principalmente nelle aree a parziale sovrapposizione.
UBI ha già dichiarato che lavorerà con i sindacati per trovare la migliore soluzione possibile per gestire tali esuberi.
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