Una parola, Bad Bank, che da qualche settimana è entrata nel linguaggio comune diventando parte integrante dei piani di salvataggio di molte banche, tra cui quelle venete. Un termine che non raccoglie troppe simpatie tra i non addetti ai lavori, ma che in realtà è vitale per la salvaguardia del sistema bancario italiano e internazionale.
Molti ne sentono parlare, ma pochi ne conoscono davvero le caratteristiche. Scopriamole insieme.
Bad Bank: una soluzione per difendersi dai crediti tossici
La Bad Bank, come detto, si rende necessaria in caso di presenza di ingenti crediti tossici che necessitano di essere “cartolarizzati”. Per crediti tossici si intendono debiti non saldati da imprese e cittadini che vanno a formare la cosiddetta sofferenza. È proprio questa a mettere in difficoltà gli istituti e ad aver generato la crisi di molte banche italiane.
Queste non riescono infatti a recuperare i propri crediti, impedendogli contemporaneamente di prestare e investire altro denaro. Nasce quindi l’esigenza di limitare l’impatto dei crediti tossici e permettere alle banche di tornare a fare la loro solita attività, basilare per cittadini e imprese. La Bad Bank risponde proprio a tale necessità.
Cos’è e come funziona la Bad Bank?
Grazie alle Bad Bank la banca in difficoltà può cartolarizzare le sofferenze, che tradotto significa renderle “commerciali” tramite emissione di bond. I titoli saranno poi venduti a investitori privati o istituzionali, in modo che la banca possa rientrare del capitale prestato.
Tecnicamente non è altro che la creazione di una o più società dedicate (Spv, cioè special purpose vehicle) a cui la banca in crisi cede parte dei crediti deteriorati: soprattutto mutui e prestiti al consumo. La società dedicata pagherà la banca con l’emissione di obbligazioni Abs (Asset backed securities), nient’altro che titoli obbligazionari da mettere sul mercato.
Le Bad Bank sono organizzazioni autonome con tanto di management proprio, nate e “cresciute” con il solo scopo di liberare dalle “tossine” i bilanci delle banche tramite l’acquisto dei crediti tossici.
Lo stato come garante
Tutto facile dunque? Non proprio. L’operazione può funzionare solo tramite la concessione di dovute garanzie, nella maggior parte dei casi date dallo Stato. Un passo doveroso per rendere “appetibili” e commercializzabili tali prodotti.
Ciò avviene però solo per le tranche senior delle cartolarizzazioni, quelle più sicure. Queste sopportano per ultime le eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. Le tranche più rischiose (junior e mezzanina), non vengono “coperte” e saranno pagate solo dopo il totale rimborso delle tranche senior garantite dallo Stato.
L’intervento pubblico, seppur contestato da molti, è necessario ad evitare che la crisi diventi sistemica, mettendo in difficoltà tutto il comparto.
Le garanzie possono venire richieste dalle banche che cartolarizzano dietro pagamento di una commissione al Tesoro (in percentuale sull’ammontare garantito). Un prezzo che giocoforza è di mercato e lievita nel tempo: un modo sia per tenere conto dell’incremento dei rischi connessi a una maggiore durata, sia per spingere le realtà a recuperare velocemente i prestiti.
Per avere la garanzia i titoli devono inoltre essere valutati e certificati da un’agenzia di rating indipendente e presente nella lista della Bce. Lo Stato potrà dare la garanzia solo se i titoli riceveranno un rating uguale o superiore a “investment grade”.
Bad Bank: possibili rischi per i correntisti?
La garanzia pubblica dovrebbe evitare tutto ciò. Lo scopo è proprio quello di facilitare la cessione dei crediti deteriorati senza aver alcun impatto sui conti correnti e gli investimenti dei cittadini, ma anche sul debito pubblico o sul deficit. Molti tecnici hanno previsto possibili entrate positive per lo Stato (e quindi per i cittadini), valutando le commissioni incassate superiori ai costi. In casi negativi il saldo dovrebbe essere pari a zero, evitando ricadute sul paese.
Un’affermazione che non convince tutti, ma che è rafforzata da casi pratici: in molte nazioni Bad Bank e salvataggi pubblici si sono dimostrati profittevoli per le casse statali.
Bisogna però ricordare che la garanzia è concessa solo per le tranche senior, quelle maggiormente sicure, lasciando scoperte le altre.
Bad Bank: alcuni esempi
Uno dei primi casi di bad bank è quello della Securum in Svezia. Ad inizio anni ’90 ci fu, grazie alla riduzione dei tassi d’interesse, una forte spinta all’indebitamento di famiglie e imprese svedesi che cominciarono a finanziare consumi e investire in immobili e titoli.
Un incentivo per le banche a dare finanziamenti senza i necessari controlli, rendendo gli operatori vulnerabili. Da lì al crollo il passo fu breve con tutto ciò che questo poté comportare. Insolvenze e sofferenze che passarono dalle famiglie alla banche minando profondamente la stabilità del sistema.
Due istituti, la Nordbanken e la Gota Bank vennero divisi in “good bank” (Securum) e “bad bank” (Retriva).
Il primo caso sotto la moneta “Euro” è però irlandese. Nel 2009 la creazione della Nama (National asset management agency) ebbe un ruolo chiave nel consolidamento, grazie anche al sostegno governativo, del settore bancario post bolla immobiliare. La Bad Bank a partire dal 2010 cominciò l’acquisto delle tranche di crediti inesigibili dagli istituti in crisi per un valore nominale di 16 miliardi di euro. Il prezzo fu però ben diverso, “scontato” a 8,5 miliardi.
Emilio
Avvincente narrazione, ma al giallo manca il finale. La Nama cosa ha poi fatto in questi 8 anni con quei 16 miliardi di crediti acquistati al 50% ? Ci hanno guadagnato qualcosa ? Grazie.
Giancarlo
Ma questa bad bank risarcirà o no i poveri azionisti di veneto banca che sono stati scavalcati? Ma come si può mettersi in contato con la dirigenza di questa bad bank e quando daranno una risposta seria agli azionisti delle 2 banche venete?