Le obbligazioni subordinate sono l’argomento più discusso del momento. Purtroppo, perché la loro improvvisa notorietà non è legata ai rendimenti straordinari che offrono o alla soddisfazione di chi le ha provate, ma alla vicenda del così detto Decreto salva banche, che anche di questi titoli si è servito per tenere a galla quattro istituti bancari in serie difficoltà : Banche Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e CariChieti. Ma cosa sono queste obbligazioni subordinate e perché hanno segnato la disperazione di tanti risparmiatori? Facciamo un po’ di chiarezza, per capire quali situazioni meritano l’attenzione di chi investe.
Obbligazioni ordinarie e subordinate
Le obbligazioni ordinarie sono dei titoli di debito, il cui acquisto conferisce un credito nei confronti della banca (o ente) emittente. Non hanno evidentemente niente a che fare con un normale rapporto di conto corrente.
A fronte del capitale conferito, chi detiene l’obbligazione incassa degli interessi, più o meno elevati a secondo del profilo di rischio del prodotto, i quali vengono corrisposti periodicamente attraverso la così detta cedola.
Le obbligazioni, poi possono essere garantite in maniera specifica o non garantite, cioè legate semplicemente alla solvibilità generica dell’ente emittente. Un’obbligazione non garantita, in caso di dissesto economico di chi l’ha emessa, finirebbe per essere un credito ordinario, senza alcuna tutela in più. Già con un prodotto del genere, a fronte di un fallimento, si avrebbe il risultato di vedersi passare davanti tutti coloro che, per legge o per convenzione, sono meglio tutelati, come i correntisti e i lavoratori dipendenti della banca.
Le obbligazioni subordinate, rispetto alle obbligazioni non garantite, sono un credito ancora più svantaggiato, una sorta di obbligazione di serie B, quando si tratta di rientrare delle somme versate come capitale o dovute come guadagno sulle stesse. Nascono già in seconda linea, proprio per la natura del prodotto: in caso di insolvenza di chi le ha emesse vengono soddisfatte, cioè ripagate, dopo tutti gli altri crediti. Da qui il nome di subordinate, che fa riferimento alla loro natura di “ultime della fila” quando si tratta di recuperare i propri soldi. Il che, nella maggioranza dei casi di dissesto economico, vuol dire non essere soddisfatti per nulla.
Quanti tipi di obbligazioni esistono?
Le tipologie di obbligazioni esistenti sono diverse, non dimentichiamo che appartengono a questa categoria anche i Titoli di Stato (tipicamente BOT, BTT, ecc.), sebbene abbiano tutt’altro profilo di garanzia, ma anche tutt’altro rendimento. Tra le obbligazioni normalmente offerte dalle banche esistono invece diverse gradazioni di rischio, corrispondenti ai diversi tipi di guadagno. Ecco le principali categorie.
- Obbligazioni Senior Covered e Sicured
le Senior sono le obbligazioni che, in caso di fallimento, vengono rimborsate relativamente per prime, anche se non rispetto a crediti tutelati specificamente con privilegio diverso (tipicamente, i crediti da lavoro dei dipendenti dell’ente). Le Senior Covered e Sicured offrono un margine di tutela in più, per l’esistenza di una garanzia che vincola una parte del patrimonio dell’ente al loro soddisfacimento. Hanno un rendimento più basso e le cedole possono essere fissate a scadenze diverse, ma non possono essere cancellate: ove ciò avvenisse l’azione si tradurrebbe in un default dell’ente.
- Obbligazioni Lower Tier II (o LT2)
Sono il primo grado del tipo subordinato. Hanno una durata minima di 5 anni, ma in genere vengono fissate a 10. Al quinto anno c’è comunque l’emissione della cedola fissa, cioè del guadagno maturato.
- Obbligazioni Lower Tier III (o LT3)
Sono simili al grado precedente di bond, le LT2, ma con la differenza che possono avere una scadenza inferiore a 5 anni.
- Obbligazioni Upper Tier II
Sono caratterizzate dal tasso fisso e anno una durata di 10 anni. A differenza di quelle di grado superiore, per queste obbligazioni la banca può non pagare, nel senso di sospendere, una cedola, senza che ne consegua il default. La cedola non è persa, ma posticipata, l’ente rimane tenuto a pagarla, anche se in data successiva e cumulativamente alle altre nel frattempo maturate.
- Obbligazioni Junior Tier I
Sono le obbligazioni subordinate meno tutelate di tutte, dunque le prime ad essere toccate in caso di dissesto della banca. Hanno normalmente una durata indeterminata, senza scadenza fissa, ma con la possibilità per la banca di richiamarle (cioè ricomprarle) al decimo anno. Prevedono anche la trasformazione in un tasso variabile, con cedola che aumenta nel tempo. Attenzione però: per questo prodotto è possibile che alcune cedole non siano pagate o, addirittura, che siano previsti casi in cui l’ente le deve cancellare. In questo caso, le cedole non si cumulano e quelle non versate sono semplicemente perse. Inoltre, in caso di gravi difficoltà della banca, anche il valore nominale dell’obbligazione, cioè il capitale, può essere ridotto, e ciò senza necessità di un fallimento.
Le obbligazioni elencate sono dunque in ordine decrescente di sicurezza, dalla meno rischiosa alla più rischiosa. Da notare che il rendimento di questi prodotti procede invece in maniera inversa: più bassa è la tutela, su capitale e guadagno, offerta dal prodotto, più alto è il rendimento riconosciuto con le cedole.
Perché è un prodotto così rischioso?
Le obbligazioni subordinate, in particolare le Junior viste da ultimo, hanno un profilo di rischio estremamente elevato, perché espongono il risparmiatore non soltanto alla perdita del guadagno periodico dell’investimento, ma anche alla perdita definitiva del capitale, soprattutto in caso di gravi problematiche economiche dell’ente che le ha emesse.
È quanto dimostrato dal Decreto salva banche: per proteggere gli istituti dal collasso completo senza ricorrere a soldi pubblici, cioè dei contribuenti, sono stati sacrificati azionisti ed obbligazionisti subordinati, con la semplice cancellazione dei titoli di questo tipo. Con la rilevante differenza che gli azionisti hanno di norma coscienza del rischio assunto, al contrario degli acquirenti di obbligazioni subordinate, che sono spesso normali risparmiatori in cerca di indicazioni su come far fruttare i propri soldi.
Ricerche recenti hanno evidenziato un dato preoccupante: attualmente sul mercato italiano sono presenti moltissime delle predette obbligazioni, emesse in misura varia da diverse banche, per somme complessive che paiono aggirarsi intono ai 60 miliardi. Il dato davvero rilevante, però, è un altro: che molte di queste obbligazioni sono nelle mani di piccoli e piccolissimi risparmiatori.  Persone non in grado di valutare né di assorbire il rischio assunto, probabilmente convinte, quanto meno fino ad oggi, di avere investito il proprio denaro in un prodotto sicuro.
Bisognerà quindi attendere l’esito dell’esposto, presentato presso la Procura dagli investitori coinvolti nella vicenda, per avere una valutazione legale della reale responsabilità informativa delle banche rispetto alla vendita di prodotti di questo tipo. Fino ad allora, attenzione alle garanzie effettive di recupero del credito che vi offre l’obbligazione proposta dalla vostra banca. Meglio, a questo punto, puntare ad un guadagno inferiore a favore di una maggiore garanzia di salvataggio del capitale.
Nel frattempo è inutile negare che, anche in barba agli obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio, che ci costringe a scegliere depositi e movimenti tracciabili, il caro e vecchio materasso imbottito di contanti sta tornando ad assumere un certo fascino vintage, nella mente preoccupata di molti cittadini.  Attendiamo al varco anche il varo, nel 2016, del bail in, il sistema di salvataggio delle banche che prevede il ricorso, in caso di necessità , ad azionisti, obbligazionisti subordinati e addirittura correntisti sopra i 100.000,00 euro. Potrebbe essere la svolta definitiva per porsi una sola domanda: meglio a molle o memory foam?