Il referendum costituzionale è ormai prossimo e impazza la polemica. Gli schieramenti del sì e del no sono ormai alla guerra dichiarata e le accuse si moltiplicano su ogni fronte. A ciascuno di noi incombe il dovere di informarsi adeguatamente e prendere una decisione. Perché, come sempre, ancor più di cosa votare è importante andare a votare.
Tuttavia informarsi non è semplice come parrebbe: il testo della riforma non è una lettura facile per nessuno, neppure per gli addetti ai lavori e i riassunti altrui rischiano di essere una campagna pro o contro, piuttosto che una fonte di conoscenza.
Noi di 6sicuro abbiamo dato conto dei temi principali con l’articolo “Referendum Costituzionale 4 dicembre 2016: come cambia la Costituzione” e delle possibili motivazioni di voto nell’articolo “Referendum Costituzionale 2016: voterai sì o no?”. Vediamo adesso quali sono gli aspetti problematici della riforma, quelli che giustificano le obiezioni del no.
Referendum costituzionale: il ruolo del Senato
Il nodo fondamentale della riforma è il Senato, il cui ruolo verrebbe profondamente cambiato. L’art. 1 della riforma lo chiarisce sin dalle prime dichiarazioni di principio:
“Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato”.
Ma ciò che più cambierebbe è il ruolo del Senato nella approvazione delle leggi: oggi l’art. 70 della Costituzione prevede sinteticamente che “(L)a funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Se vincessero i sì la situazione sarebbe completamente diversa: la funzione legislativa sarebbe esercitata collettivamente dalle due Camere soltanto in casi specifici, e cioè per le
“leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma”.
Senato e Camera dei Deputati: chi approverebbe le leggi?
Oggi le leggi italiane vengono approvate da entrambe le Camere, che esaminano il testo proposto e si fanno a vicenda appunti e proposte di modifica. Un passaggio e ripassaggio che allunga notevolmente i tempi di promulgazione di ogni testo legislativo, a volte determinandone anche il naufragio nel mare di emendamenti. Ma, altresì, una garanzia di controllo e di limitazione del potere, soprattutto dell’Esecutivo.
Questa garanzia viene sostanzialmente meno, o per lo meno è drasticamente ridimensionata, nel testo della riforma. Il nuovo articolo 70 della Costituzione, in caso di vittoria del sì, andrebbe infatti a prevedere la seguente procedura:
- le leggi diverse da quelle citate più sopra sarebbero approvate dalla sola Camera dei Deputati;
- ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei Deputati andrebbe immediatamente trasmesso al Senato;
- entro 10 giorni il Senato, se ne fa richiesta 1/3 dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Cioè in poco più di una settimana 1/3 dei Senatori deve essersi letto il disegno di legge, averlo capito e aver valutato che è meglio darci un’occhiata più approfondita;
- nei 30 giorni successivi il Senato può formulare delle proposte di modifica al disegno di legge che ha esaminato, su cui poi si pronuncerà la Camera dei Deputati in via definitiva;
- se il termine di 10 giorni o quello di 30 giorni decorrono senza che il Senato si sia attivato o se la Camera decide che le modifiche proposte dal Senato sono interessanti quanto il bugiardino dei farmaci che ti elenca gli effetti collaterali, la legge può essere promulgata.
Sono previste comunque alcune eccezioni, in particolare in tema di legge di attuazione costituzionale, casi in cui sono previste maggioranze particolari alla Camera per l’approvazione di una legge. Inoltre, contrariamente ad ora, la riforma prevede che lo stato di guerra sia deliberata dalla sola Camera dei Deputati all’unanimità e che gli accordi internazionali siano ratificati su autorizzazione della sola Camera.
Referendum costituzionale: come si elegge il senato?
Altro punto nodale della legge è l’elezione del Senato: oggi l’art. 58 della Costituzione è inequivocabile e sintetico.
“I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età ”.
Con la riforma come cambierebbe? L’art. 58 sarebbe abrogato, al suo posto entrerebbe il nuovo testo dell’art. 57, che prevede l’elezione dei senatori da parte dei Consigli Regionali e dei Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano, che li sceglierebbero tra i propri membri. Sembra però che l’individuazione del sistema elettorale concreto sia da rimandare ad una successiva legge di attuazione.
Referendum Costituzionale e Italicum
Da più parti viene sollevata la preoccupazione anche per l’incrocio tra legge di riforma costituzionale e l’Italicum, ovvero la nuova legge elettorale. Una legge che regolamenta però l’elezione soltanto della Camera dei Deputati e che presenta punti critici al limite della illegittimità , in particolare un premio di maggioranza altissimo – 340 deputati assegnati alla lista che raggiunge il 40% al primo turno o al ballottaggio. In caso di vittoria del sì e di approvazione di una simile legge elettorale è evidente che si avrebbe un potere elevatissimo concentrato nelle mani del Governo e del relativo Premier, senza più quel controllo che poteva essere offerto dal Senato.
Non mancano anche le speculazioni politiche: c’è chi evidenzia come, saputo del rinvio dell’esame della legge elettorale al 2017, la maggioranza di governo si sia subito prodigata a lavorare ad emendamenti e modifiche dell’Italicum. Un parere negativo in merito alla legge elettorale avrebbe rappresentato una batosta politica per i sostenitori della riforma. Con questo rinvio, al contrario, si crea il tempo e l’occasione per riaprire trattative anche con le minoranze, magari per contrattare un appoggio al referendum in cambio di ammorbidimenti dell’Italicum là dove più si è osato.
Tutto qui?
Certamente no. Sebbene non sia la prima riforma costituzionale, si può senz’altro dire che sia la più vasta e sistematica sino ad oggi proposta. Ma tanto altro manca all’appello: l’innalzamento del numero di firme necessarie per la proposizione di legge su iniziativa popolare, le modifiche che interessano la decretazione d’urgenza, la sparizione definitiva delle Province, la modifica dei poteri del Presidente della Repubblica. Gli articoli modificati sono talmente tanti che, sebbene siano stati fatti buoni riassunti, il consiglio migliore per chi davvero vuole capire cosa andrà a votare è: prenditi molto tempo, tanta pazienza e leggiti il testo originale della riforma.
Tutto chiaro?
La pecca più grande della legge di riforma è senz’altro la mancanza di chiarezza e di semplificazione. Nonostante da almeno un decennio si vada predicando l’importanza di semplificare, sia nella Pubblica Amministrazione che in materia di legislazione e giudiziale, questa riforma ha la pecca di tutti i disegni di legge del nostro paese: è lunga, forse in maniera non necessaria, complessa e di interpretazione non univoca. Senza contare che molti aspetti, alcuni dei quali ho indicato sopra, sono in realtà rimandati ad una successiva legge di attuazione o a regolamenti di vario genere.
Questo significa, in concreto, che tra ciò che andiamo votare e la sua realizzazione potrebbe esserci una differenza non indifferente. Con conseguenti dubbi sulla legittimità della attuazione e conseguenti contestazioni. Tutti fattori da considerare, al momento di esprimere il nostro voto.
Ricapitolando le obiezioni del no
Quindi, riassumendo, le ragioni del no sono:
- modifica del ruolo del Senato;
- passaggio da un bicameralismo perfetto ad uno differenziato: le leggi, nella loro approvazione, sarebbero sostanzialmente riservata alla sola Camera dei Deputati, con un limitato potere di critica del Senato, non in grado però di bloccare la promulgazione, ad eccezione di alcune tipologie di leggi, per cui è richiesto l’intervento di entrambe le Camere o maggioranza di voto differenti dentro alla Camera dei Deputati;
- un maggiore potere al Governo e una minore possibilità di controllo e di blocco (soprattutto in abbinata con la nuova legge elettorale);
- mancanza di chiarezza e semplicità della legge di riforma: se capirla è un problema, attuarla potrebbe esserlo ancora di più.
Giancarlo Basile
Temo che il cittadino medio italiano non sia all’altezza di giudicare se gli convenga votare si o no al prossimo referendum. Perciò verrà condizionato dalle sue ideologie politiche e da quanto gli stanno simpatici o antipatici i propugnatori delle due opzioni. Un fatto però è nuovo, e bisogna darne atto al Presidente del Consiglio Matteo Renzi: è la prima volta che si propone una seria riforma della Costituzione che i fatti dimostrano essere necessaria per far ripartire il Paese. Se prevarrà il no aspetteremo chissà quanti anni prima di vederne un’altra e nel frattempo, nel migliore dei casi. tutto rimarrà com’è ora, Se prevarranno i si se non altro potremo sperare di cambiare in meglio la nostra vita: diminuzione della corruzione a tutti i livelli, maggiore efficienza in tutto ciò che è statale, maggiore meritocrazia, migliori garanzie di controllo sul lavoro, sindacati permettendo, e via dicendo.
Giorgio
Nel rispetto totale del suo punto di vista, mi permetto di obiettarlo.
Sicuramente è la prima volta che viene proposta una tale riforma… sicuramente il cittadino medio non è in grado di comprenderla…
Viene da chiedersi chi, tra i politici che l’hanno approvata, l’abbia capita veramente o l’abbia votata solo per imposizione di partito.
E comunque mi permetto di dissentire sul fatto che il nostro paese sia in condizioni pessime a causa della costituzione attuale.
Quando è servito (soprattutto per proteggere questo o quell’altro politico o questa o quell’altra casta) le leggi in pochi giorni sono state fatte.
Quindi Invece di pensare a cambiare la costituzione (che non è la causa di tutti i mali), direi sarebbe meglio pensare a riforme vere per far ripartire l’economia e combattere la corruzione.
Mi permetto poi di aggiungere che questa riforma è pessima e inutile per gli italiani, mentre a quanto sembra è utile per le lobbies economiche (banche internazionali in primis).
In ultima analisi mi chiedo dove si evinca che tale riforma porterebbe tutti i benefici che lei elenca? Meno corruzione, meritocrazia, maggiore efficienza non sono situazioni che risolvi con la riforma e di qualche articolo della costituzione ma solo attraverso un cambiamento culturale, che ahimè vedo ben lungi da venire, nonostante moltissimi italiani (me compreso) siano stanchi di una Italia fatta di nepotismo e furbi del quartierino…
Giuseppe
premetto che non condivido la necessita’ del parere del cittadino su questioni di cosi’importante rilevanza (vedi anche brexit);la responsabilita’ di questi cambiamenti deve essere POLITICA .cio’ considerato votero’ SI proprio perche’ il cambiamento proposto ,sia amministrativo che costituzionale ,e’ indispensabile inizio di un allineamento della politica alle necessita’ di una societa’ che velocizza a dismisura il “cambiamento”.
Pippo
A leggere il tuo commento in cui affermi i limiti del cittadino medio nel giudicare se votare si no ( o come dice il roditore ) MAI , mi mette paura. Infatti – (se il termine di 10 giorni o quello di 30 giorni decorrono senza che il Senato si sia attivato o se la Camera decide che le modifiche proposte dal Senato sono interessanti quanto il BUGIARDINO DEI FARMACI che ti elenca gli effetti collaterali, la legge può essere promulgata.) in questi termini sta ad indicare che quei senatori del nulla sono solo delle sedie per complici trombati . Se tu, rappresenti un italiano sopra la media sicuramente hai capito cosa nasconde il resto del testo e affermando di votarlo son certo che tu sia un complice di questi mistificatori (FARABUTTI )
Giampix Rand
Ho cercato, onestamente, di leggere come cambierebbe l’art. 70.
Un coacervo lungo e incomprensibile di rimandi a commi e paragrafi. Secondo me una costituzione deve essere semplice e comprensibile ai piu’, proprio per la sua funzione basilare per la stessa funzionalita’ delle istituzioni. E anche se tentano di convincerci che e’ “cosa buona e giusta”, da chi ha abolito l’art. 18 dello statuto dei lavoratori, da chi ha preso provvedimenti contestati nella scuola, che resuscita il ponte di Messina-Reggio Calabria, che accenna a condoni fiscali per gli evasori, ebbene, “a fiducia”, non mi aspetto niente di buono. E la compagnia dei propugnatori del “si” aggrava il sospetto.