La Juventus guadagna punti pure quando sbaglia. Come contro l’Udinese, la Juventus prende solo un punto e guadagna addirittura terreno con le rivali. La Roma ha mollato per strada tre punti letali che avvicinano Allegri all’ennesimo titolo e avvicinano il Napoli al collo di Spalletti.
Hanno mollato anche le milanesi: Pioli ha perso l’Inter che aveva tra le mani (Reina inoperoso a San Siro) e Montella sta assistendo al lento declino del Milan, che ha perso strada anche a Crotone. Una piazza – quella calabrese – che non ha proprio voglia di mollare e punto su punto sta cercando di rimanere aggrappata con le unghie alla Serie A.
Ha vinto Simone Inzaghi
L’allenatore dell’anno è Simone Inzaghi. Allegri e Sarri li conoscevamo e sapevamo quanto fossero bravi. Inzaghi è una sorpresa perché è arrivato in una piazza desolata, pronta a disertare lo stadio e partita col piede di guerra in estate. Il fratello di Pippo non si è perso d’animo, ha parlato poco e ha agito molto. Ha cancellato la stagione negativa della Lazio e riformato la mentalità di una squadra che ha ritrovato in primis i talenti dispersi lo scorso anno.
Con la Roma un capolavoro tattico: ha perso Immobile nel pre-partita e ha rinunciato ad Anderson dal 1′, ma non ha sfilacciato la squadra. Ha sofferto per dieci minuti, ha segnato al primo tiro e ha arginato una Roma sempre più confusa. Al verdetto finale si riprenderà quasi certamente l’Europa e avrà lasciato in cascina due vittorie fondamentali nei derby contro Spalletti.
Tania Strootman
Il tuffo di Strootman è da attore navigato. Casca in area talmente bene che a primo impatto credi che davvero sia rigore. Poi rivedi il replay e ti accorgi del trucco. E allora ben venga la Var, che aiuti gli arbitri a lavorare più sereni e che elimini i furbi dal rettangolo verde. In un derby così incandescente un errore del genere avrebbe potuto chiaramente indirizzare la partita altrove. Brava la Lazio a restare compatta e non crollare sui suoi stessi piagnistei. Per il numero 6 della Roma si prospetta una decisa squalifica.
Anche Ivan piange
In questa giornata ci rimane il pianto di Juric, tornato a Genova per rimettere in piedi una squadra che nel girone di andata aveva incantato e che nella seconda fase del campionato ha perso la testa subito dopo aver ceduto i suoi migliori giocatori. Era tornato a Marassi perché credeva di dare la scossa utile a far finire dignitosamente il campionato alla squadra. La realtà è che il Genoa dopo lo smantellamento è un’altra squadra.
Tutt’altro che viva e incapace a gestire una vittoria contro una squadra oramai priva di obiettivi. Il Genoa ha perso anche oggi e rischia di essere coinvolta nella lotta per non retrocedere da un Crotone in grande spolvero. Le lacrime successive di Juric sono le lacrime di chi ha lavorato ad un progetto come se stesse crescendo un figlio. E di chi se l’è visto scippare dalle mani paralizzato, senza poter fare nulla.
Fuori dal San Paolo è un Napoli bestiale
Quando si parla di questa stagione del Napoli, bisogna parlare solo di una stagione perfetta. Dopo aver perso Higuain la relegavano tutti al quinto-sesto posto nella griglia di partenza. I fatti dicono che ha tenuto botta alla Juventus, che probabilmente sorpasserà la Roma per il secondo posto e che con certezza ci ha regalato una stagione da incorniciare.
Ci diverte vederli giocare su ogni campo. Quest’anno la squadra ha prodotto anche lontana da casa: undici successi esterni (tra cui due vittorie a San Siro e due all’Olimpico) e solo due k.o. Che Sarri sia orgoglioso del suo lavoro. È tra quelli che lo fanno meglio.
Un’occasione persa
Non vogliamo aggiungerci alla sequela di commenti che condannano il razzismo perché dovrebbe essere (ma non lo è) un argomento oramai superato. Di certo c’è che le proteste di Muntari meritavano un po’ di attenzione in più. Che l’arbitro da regolamento avrebbe dovuto almeno consultare i capitani perché una presa di posizione forte – una volta tanto – potrebbe iniziare a cambiare il corso delle cose. Un’occasione persa nella settimana in cui avevamo apprezzato Bonucci per aver portato il figlio-tifoso a vedere i rivali del Torino.
Carlo Magno
Carlo Magno, ci inchiniamo a te. Che Ancelotti sia un vincente è storia arcinota. Carletto ha vinto il campionato anche in Germania con il Bayern e ha portato a termine il giro d’Europa: ha portato a casa almeno un titolo in ogni nazione in cui è stato (campionato in Italia, Francia, Germania e Inghilterra e Champions in Spagna) e completato l’espansione nel Vecchio Continente. È tra i migliori allenatori del mondo perché sa come si lavora con un ambiente, sa come rapportarsi con i calciatori e sa trasferire la mentalità vincente ai suoi ragazzi.
Gli è mancato il passo avanti in Champions, colpa anche di un arbitraggio galeotto che ha rovinato la trasferta perfetta preparata nella sua ex Madrid. Ci starà lavorando per la prossima stagione, perché Carletto sa come si fa anche con la Coppa delle grandi orecchie. Chiedete a Milano e a Madrid.
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