Sarà una puntata atipica, perché questa è la giornata che ha sancito un pezzo importante di storia della Serie A: la Juventus è riuscita nell’impresa di vincere sei scudetti di fila, mai successo nella storia. Ha vinto perché è una delle squadre più devastanti della storia dei nostri tornei e perché ha vinto contro squadre come Roma e Napoli che hanno portato a casa una stagione straordinaria.
Non solo non è bastata, ma non ha nemmeno mai tenuta viva una speranza per loro. La portata storica dell’evento la percepisci da questo: dal fatto che la squadra di Allegri abbia dominato sempre contro squadre quasi sempre perfette. È il motivo per cui i sei punti – uno per scudetto –  di questa puntata sono tutti dedicati alla Juventus e alle chiavi che hanno portato i bianconeri al grande record, prima della finale di Cardiff che potrebbe addirittura coronare la stagione con il Triplete.
Il capitano
Partiamo da chi ha alzato la Coppa. Partiamo da Gigi Buffon, che negli ultimi anni della sua carriera sta facendo un enorme sforzo psicofisico per vincere l’unico trofeo assente dalla sua gloriosa carriera: la Champions League. Quando vide esultare il Barcellona in finale due anni fa, tutti credevano che sarebbe stato l’ultimo treno passato dalla stazione di Gigi. Lui ha resistito, è rimasto a galla e non ha mollato.
Ha sfoderato prestazioni che hanno fatto di lui una figura epica su un campo da calcio. Ha dato mentalità alla squadra (lo scorso anno le sue dichiarazioni consentirono la rimonta alla Juventus) e ha continuato a pretendere miglioramenti da sé stesso. Dopo un anno perfetto, ha toppato una sola partita a Roma e durante i festeggiamenti dello scudetto ha avuto la lucidità di dire di “aver fatto una figura da pollo che non ripeterà mai più per mancanza di concentrazione”.
E quando a quasi 40 anni hai ancora la capacità di fare autocritica e la voglia di migliorarti, significa che meriti di coronare al meglio la tua carriera. Allora date una Champions a Buffon. E soprattutto, dopo, dategli un pallone d’oro. Alla stagione e alla carriera.
P.S: In due minuti la grande lucidità di un campione.
La svolta
Ogni anno la Juve ha un momento topico nel quale svolta il campionato. Due anni fa fu l’addio di Conte a stimolare la squadra. Lo scorso anno la sconfitta di Sassuolo e le parole dure del capitano Buffon (“prestazione indegna”) svegliarono tutti dopo i soli cinque punti in sette partite. Quest’anno la sconfitta clou è stata quella di Firenze (città che fece prendere una piega nuova anche a uno scudetto vinto da Conte).
La Juve fino ad allora vinceva, ma giocava male, e di tanto in tanto lasciava punti. Dopo Firenze, Allegri si è inventato il 4-2-3-1 per far giocare contemporaneamente Mandzukic assieme a Dybala e Higuain. Ha trasformato un modulo iper-offensivo in una cerniera utilissima per difendere. E ha trasformato una punta come Mandzukic in un esterno puro, quasi simile all’Eto’o che con Mourinho all’Inter faceva il terzino.
Quando convinci un giocatore del genere a fare la fascia e rinunciare ai gol, vuol dire che hai colpito nel segno.
L’uomo della provvidenza
Fino a marzo Dani Alves non aveva fatto una grande stagione. Il suo è stato un contributo appena sufficiente e spesso quasi ci si chiedeva come facesse a conservare il posto da titolare. Poi Dani Alves ha dato ragione alle parole di Luis Enrique: “È uno che non fa sempre grandi partite, ma sceglie il momento giusto per farle”. Niente di più vero. Trascinato dall’esperienza, Dani ha sentito l’odore delle gare importanti ed è stato devastante: ha segnato col Porto, ha spezzato in due la fascia del Barcellona e tra assist e gol ha deciso il doppio confronto della semifinale di Champions.
Senza togliere il timbro in finale di Tim Cup alla Lazio. Nonostante l’età , Dani sta tirando fuori tutte le sue energie e spesso ricorda il terzino che ha fatto innamorare Barcellona. Lui è l’emblema di quanto basti un po’ di esperienza e mentalità per rendere una squadra vincente. Anche quando non sei sempre al meglio. Se vuoi vincere, devi avere almeno due-tre giocatori così in squadra. E la Juve ce li ha.
Il talento
Paulo Dybala. Un nome solo. Se già l’anno scorso La Joya aveva dato un saggio delle sue qualità , quest’anno ha deciso di prendersi la squadra sulle spalle ed essere sempre decisivo. Una volta spostato sulla trequarti, alle spalle di Higuain, Dybala ha potuto fare il bello e il cattivo tempo tra le difese avversarie con prove illuminanti.
La retroguardia del Monaco, letteralmente devastata dalla sua classe, si è potuta consolare solo di fronte al fatto che anche quella del Barcellona si è dovuta inchinare al suo talento. Se i 40 milioni spesi per lui sono sembrati troppi al momento dell’acquisto, i fatti hanno dato ragione a chi ha investito bene su un calciatore che oggi ne vale il triplo. È dal suo mancino che sono partite le migliori traiettorie della stagione.
Qui un riassunto del suo pazzesco torneo.
Il colpo da 90 (milioni)
Per capire le mire espansionistiche della Juventus bastava guardare il nome di Gonzalo Higuain nella casella degli acquisti. Una società che spende 94 milioni per lui dà solo un segnale: voler vincere tutto. El Pipita ha ripagato, nonostante le avventate critiche ricevute in estate per un fisico non propriamente da atleta.
Lui ci ha messo otto minuti per sbloccarsi e distruggere le porte avversarie. All’inizio ha accettato anche un po’ di panchina, giusto per capire che nonostante l’esborso pesante il posto in squadra si guadagna. Da lì non ha mai più giocato nemmeno per l’1% al di sotto delle sue possibilità .
Resta quasi un mistero vedere un giocatore così veloce nonostante gli abbondanti cinque-sei kg in più rispetto alla media.
Il bunker
Tra le chiavi di lettura della trionfale stagione non può mancare la difesa. Signori, siamo di fronte ad una retroguardia da libri di storia. Segnare alla Juventus è praticamente impossibile. Aldilà dei numeri oramai scontati in campionato, fanno specie i soli due gol subìti lungo tutto la Champions. La porta è addirittura inviolata nelle fasi finali. Questo perché? Intanto perché i difensori sono forti ed è il motivo più banale.
Ma soprattutto perché molti di loro avanzano con l’età e stanno dando tutto ciò che hanno in corpo. Dani Alves e Barzagli sono a fine carriera, mentre Chiellini ne fa 33 il prossimo anno. Alex Sandro a parte, nessuno della difesa titolare è più giovanissimo e tutti sanno di dover dare il massimo perché un treno del genere potrebbe non passare più. Le motivazioni prima di tutto.
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