Come cercare lavoro? A chi rivolgersi per trovare un impiego, magari stabile e soddisfacente? Chi è alla ricerca di un’occupazione è normale che si faccia queste domande. Quello che sorprende è il fatto che in Italia la prima fonte di informazioni per chi è alla ricerca di lavoro siano amici e conoscenti. Solo un italiano su quattro si rivolge a un centro per l’impiego.
La ricerca del lavoro? Passa dai canali informali
Oltre l’80% degli italiani in cerca di un’occupazione passa dai canali informali per ricevere segnalazioni o offerte di lavoro. A certificarlo è l’Eurostat che ha diffuso una serie di dati sul mercato europeo del lavoro nel 2016.
In Italia chi cerca lavoro nell’84,4% dei casi si rivolge a parenti, amici e conoscenti. La percentuale di italiani che si affida ai canali informali è più che doppia rispetto a quella dei tedeschi (in Germania è il 40,4% dei disoccupati) ma è parecchio superiore anche al dato medio europeo (70,7%).
A differenza di quanto succede nel resto d’Europa, nel nostro Paese è molto alta la percentuale delle persone che scelgono la strada dell’autocandidatura: lo fa quasi il 70% delle persone che stanno cercando lavoro, il 10% in più della media europea.
Cala la fiducia in centri per l’impiego e agenzie private
Rispetto al 2015, diminuisce la percentuale di italiani che si è rivolta a un centro per l’impiego per trovare un’occupazione. Lo scorso anno solo il 25,6% di chi cercava lavoro si è rivolto a una struttura pubblica, mentre l’anno precedente era stato il 28,2%. Non va molto meglio alle agenzie private che convincono solo il 15% di giovani e disoccupati.
Anche in questo caso i dati italiani si discostano molto dai dati relativi ai principali mercati del lavoro d’Europa: in Germania oltre tre persone su quattro cercano lavoro attraverso gli uffici pubblici e in Europa si affida ai centri per l’impiego il 46,2% dei disoccupati. Ad avere percentuali più basse dell’Italia è solo la Spagna, dove sceglie un centro pubblico per l’impiego solo il 24,6% di chi sta cercando lavoro.
I primi passi per cercare lavoro
Cercare lavoro è una attività che coinvolge o ha coinvolto tutti, in modi differenti: c’è chi si affida all’invio di curriculum tramite piattaforme dedicate all’incontro tra domanda e offerta, chi preferisce contattare direttamente le aziende, chi sfrutta il proprio network di conoscenze per proporsi, e così via. Non esiste la strada maestra, quella che ti conduce al lavoro dei tuoi sogni in men che non si dica.
Cercare lavoro è complesso, a volte può sembrare impossibile, al punto da avvilire e scoraggiare, spesso per ingenuità, o ignoranza in materia di mercato del lavoro. Pensare di poter nuotare nell’oceano quando si rischia di annegare nella vasca da bagno, non è proprio una scelta geniale.
Ecco perché, prima di intraprendere il cammino verso la ricerca di un’occupazione, è fondamentale conoscere bene il terreno di gioco.
Cercare lavoro: la disoccupazione giovanile
Il tasso di disoccupazione in Italia è pari al 12%, come rilevato in data 31 gennaio dall’ISTAT nell’ultimo rapporto pubblicato. Il dato è senza dubbio preoccupante, soprattutto se paragonato ai Paesi Europei più virtuosi come la Germania (3,9%), ma possiamo rallegrarci di andare meno peggio di Spagna (18%) e Cipro (14,3%). Quello che spaventa davvero, invece, è il tasso di disoccupazione giovanile, che è pari al 40%.
Prima di strapparci i capelli, però, dobbiamo considerare che il tasso di disoccupazione giovanile viene rilevato sulla fascia di età 15-24 anni e, in Italia, in questo periodo la stragrande maggioranza dei giovani frequenta una scuola dell’obbligo oppure l’Università. La discussione sulla validità di queste statistiche va avanti da decenni, ma il dato è incontrovertibile.
In Italia abbiamo un evidente problema di disoccupazione tra i giovani, che non concorrono alla forza lavoro del Paese per varie ragioni, perché studenti, in cerca di occupazione, occupati senza regolare contratto, scoraggiati dalla ricerca perenne di un lavoro dignitoso.
A tal proposito, ti consiglio caldamente di leggere questo articolo di Pietro Garibaldi, professore ordinario di Economia Politica presso l’Università di Torino, pubblicato da Il fatto quotidiano. Considerare disoccupato uno studente delle scuole medie superiori può essere fuorviante, ma ciò non toglie che il tasso di disoccupazione sia aumentato di 10 punti percentuali – con alti e bassi – negli ultimi 5 anni (se vuoi approfondire i dati statistici, puoi consultare le tabelle dell’Eurostat)
Le ragioni alla base della disoccupazione giovanile sono tante, una di queste è il fatto che la scuola dell’obbligo non prepara i ragazzi ad affrontare il mercato del lavoro, nonostante il ruolo che ricopre.
L’alternanza scuola-lavoro funziona?
In teoria le scuole superiori dovrebbero incentivare il rapporto scuola-lavoro attraverso una serie di iniziative e procedure che rientrano nella cosiddetta “Alternanza scuola-lavoro”.
Partendo dalla ormai diffusa e unanimemente riconosciuta necessità di acquisire high skill, ovvero competenze professionali elevate, per far fronte alle esigenze del mercato del lavoro da qui al 2020, gli istituti di istruzione superiore dovrebbero organizzare e promuovere tirocini, accordi con aziende, enti e istituzioni pubbliche o private, programmi di mobilità come l’Erasmus.
L’obiettivo primario (e secondario) di questo nuovo corso della “Buona scuola” è formare meglio i nostri ragazzi, per prepararli al meglio all’accesso al mondo del lavoro. Come si legge nella guida operativa redatta dal MIUR, gli studenti dai 15 ai 18 anni dovrebbero essere formati
“attraverso l’alternanza di periodi di studio e di lavoro, sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica, sulla base di convenzioni con imprese o con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, o con enti, pubblici e privati, inclusi quelli del terzo settore, disponibili ad accogliere gli studenti per periodi di tirocinio che non costituiscono rapporto individuale di lavoro” .
Il periodo di alternanza scuola-lavoro si articola in 400 ore per gli istituti tecnici e 200 ore per i licei, attraverso attività svolte all’interno o all’esterno delle mura scolastiche.
Lo scorso 16 ottobre 2016, il Ministro dell’Istruzione ha presentato il programma “I Campioni dell’Alternanza”, annunciato un accordo molto importante con alcune delle realtà imprenditoriali più importanti d’Italia: Accenture, Bosch, Consiglio Nazionale Forense, COOP, Dallara, ENI, Fondo Ambiente Italiano, FCA, General Electric, HPE, IBM, Intesa Sanpaolo, Loccioni, McDonald’s, Poste Italiane e Zara.
Non sono mancate le polemiche, come puoi immaginare, ma l’idea di fondo è lodevole. Speriamo che si riesca davvero ad aiutare i ragazzi italiani a fare esperienze realmente utili per il loro futuro lavorativo e professionale.
Le modalità per cercare lavoro
I tassi di disoccupazione italiani, riportati all’inizio dell’articolo, potrebbero spingerci a pensare che nel nostro Paese non ci siano opportunità di lavoro, ma non è proprio così. La verità è che il mercato del lavoro si è evoluto, mentre noi siamo rimasti un po’ indietro, a causa di una preparazione non adeguata alle esigenze delle aziende. Non è un caso, infatti, che ogni anno restino vacanti centinaia di migliaia di posti di lavoro a causa dell’assenza di candidati skillati, come rileva ormai da diversi anni l’Unioncamera.
A questo va aggiunto il quadro normativo alquanto schizofrenico del nostro Paese, e l’innegabile difficoltà da parte delle aziende, anche quelle in buona fede e realmente interessate ad assumere personale in modo corretto e dignitoso, di investire nelle risorse umane. Purtroppo il costo del lavoro in Italia è elevatissimo, ed assumere è difficile.
Detto questo, come si ricerca il lavoro oggi? Esistono differenti strade, a partire dalle Agenzie per il Lavoro.
Cercare lavoro: cosa sono le Agenzie per il Lavoro
Chiariamo subito un punto, spesso frainteso: le Agenzie per il Lavoro non sono uffici di collocamento. Le Agenzie per il Lavoro sono aziende private a scopo di lucro, che si occupano di ricercare, selezionare, orientare e inserire in azienda persone alla ricerca di una occupazione.
Per operare come Agenzia per il Lavoro, però, è necessario richiedere una autorizzazione al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso una procedura di Audit. L’azienda richiedente deve essere in possesso di determinati requisiti, dal numero di sedi alla diffusione sul territorio regionale o nazionale, al capitale sociale interamente versato, alla forma societaria, al numero di lavoratori dipendenti impiegati in ogni sede, e così via.
Esistono 5 tipologie di Agenzie per il Lavoro:
- Agenzie di somministrazione di tipo “generalista” ;
- Agenzie di somministrazione di tipo “specialista”;
- Agenzie di intermediazione;
- Agenzie di ricerca e selezione del personale;
- Agenzie di supporto alla ricollocazione professionale.
Come puoi immaginare, le Agenzie per il Lavoro non sono tutte uguali e in base alla tipologia di autorizzazione concessa, possono offrire determinati servizi e non offrirne altri.
Il consiglio è consultare l’albo e verificare quali e quante agenzie sono presenti nella tua zona, e contattarle telefonicamente per chiedere informazioni sulle posizioni aperte – se non riportare sui siti ufficiali delle stesse – e sulle modalità di invio del curriculum o di registrazione al database.
Cercare lavoro sui portali online
Infojobs, Miojob, Jobrapido, Bakeca, Subito, Monster, Trovolavoro, sono solo alcuni dei tantissimi siti web che fungono da luogo d’incontro tra domanda e offerta. Alcuni sono validi, altri meno, altri si limita a aggregare annunci presenti online su altri portali.
Per quanto utili, questi portali non risolvono il problema della ricerca del lavoro, ti consentono solo di valutare e consultare le posizioni aperte nella tua zona d’interesse in linea con le tue competenze o aspirazioni. Non devi commettere l’errore commesso da molti, ovvero di credere che la ricerca di lavoro inizi e finisca su questi siti, tramite l’invio massivo (spesso convulso) di curriculum a destra e manca. Non è così, per niente, e non stupirti se, così facendo, non ricevi risposte.
Anche perché, diciamo la verità, pochi sanno redigere un curriculum davvero degno di essere letto dal recruiter.
Come compilare il curriculum
Compilare il curriculum è un incubo per tutti, soprattutto per colpa di quell’orribile formato Europass, che ti fa imprecare lottando con le colonne delle tabelle che non vogliono saperne di stare al posto loro. Per fortuna, consci della tortura psicologica inflitta per anni, si sono resi conti che forse era giunto il momento di creare un form online con la creazione guidata del curriculum. Almeno questo stress, ce lo siamo risparmiati.
Il problema è che il CV in formato europeo non serve a niente, se non a omologare tutti e standardizzare la ricerca di lavoro. Eppure il curriculum rappresenta, di fatto, un biglietto da visita, averlo uguale a migliaia di altre persone non ha molto senso. Purtroppo, ancora oggi le aziende lo richiedono, perché è diventato uno standard e in Italia siamo restii ai cambiamenti.
Per personalizzare la tua candidatura, quindi, ti consiglio di creare una lettera di presentazione nella quale racconti chi sei, cosa sai fare e quali sono le tue ambizioni professionali, da allegare al CV. Altro consiglio è quello di non mentire, millantando esperienze o competenze non possedute, perché ti scoprono in due nano secondi e il lavoro te lo scordi.
Non mettere in evidenza i titoli conseguiti, allegando al CV una risma di carta di attestati e certificati vari, perché quello che conta sono le competenze acquisite.
Infine, se possibile, crea tot versioni personalizzate del tuo CV per quante sono le posizioni desiderate e i settori nei quali vuoi lavorare. Candidarsi come commessa in un negozio e come segretaria in azienda non è la stessa cosa e non puoi presentarti allo stesso modo.
Cercare lavoro: come si svolge la selezione del personale
Che cos’è la selezione del personale e come si svolge? Non esiste una procedura standard, perché, in particolare i grossi gruppi o le Agenzie per il Lavoro più importanti, attivano dei processi selettivi personalizzati e molto complessi. Generalmente, però, si procede in questo modo:
- Annuncio di lavoro pubblico, oppure processo selettivo interno e chiuso;
- Analisi del database già esistente;
- Raccolta delle candidature;
- Analisi dei curriculum;
- Selezione di una rosa di candidati risultati più adeguati con l’esigenza specifica;
- Colloquio conoscitivo individuale con il recruiter;
- Colloquio di gruppo, in alcuni casi;
- Scrematura dei candidati che non hanno brillato durante il colloquio;
- Secondo colloquio, spesso tecnico/pratico;
- Assunzione/Periodo di prova.
Questo, come puoi immaginare, è un processo standard virtuoso, ma non sempre le cose vanno così. Quello che devi capire, però, in ogni caso, è che non sei mai il solo a candidarti per una posizione lavorativa, quindi metti in conto di dover sperare anche solo di superare la fasi di analisi del CV.
Se riesci ad arrivare al primo colloquio, a quel punto dipende solo da te.
Come affrontare un colloquio
Come si affronta un colloquio di lavoro? Anche in questo caso, non esiste un unico modo, perché non sempre viene assunto quello che si presenta vestito come se dovesse fare la cresima, di bell’aspetto e dal sorriso smagliante. Tutto questo aiuta, va detto, ma se la posizione per la quale ti sei candidato è come saldatore, forse l’aspetto fisico passa in secondo piano rispetto alla capacità effettiva di saper saldare.
Ad una cosa, però, non bisogna mai derogare: la buona educazione. Ecco cosa non devi fare mai:
- Non arrivare al colloquio in ritardo. Mai;
- Non presentarti vestito in modo inadeguato, ad esempio in pantaloncini corti, infradito e occhiali da sole;
- Rivolgiti al selezionatore dandogli del lei e parlando correttamente in italiano;
- Non interromperlo, attendi che abbia finito di parlare prima di fare domande o rispondere alle sue;
- Non alzare mai la voce, e mantieni sempre la calma;
- Non essere presuntuoso.
Ricordati, sei tu che stai chiedendo un lavoro, non viceversa. Devi fare una buona impressione, e puoi essere anche un genio, ma se non ti sai comportare rischi di essere scartato.
Cercare lavoro: l’importanza del personal branding
Che cos’è il personal branding? Si tratta della capacità di trasformare se stessi in brand, in un valore da vendere alle aziende o ai clienti finali. Questo processo, che richiede tempo e sacrificio, è erroneamente associato solo alla carriera da libero professionista, ma è un falso mito.
Le aziende, oggi, puntano molto sulla visibilità dei propri dipendenti per accrescere la reputazione del brand, per diffondere i valori aziendali, per fare network, in particolare tramite i social network.
Coltivare il tuo personal branding, costruire una presenza online di un certo spessore, magari attraverso la produzione di contenuti utili relativi al tuo settore e ai tuoi campi di specializzazione, può migliorare non solo la tua spendibilità sul mercato, ma anche quella dell’azienda per la quale lavori come dipendente.
Cercare lavoro o mettersi in proprio?
Se non trovi lavoro, crealo. Sembra una frase fatta, invece è il consiglio più vero e saggio che ti possa dare sul tema del lavoro. Non sempre il lavoro che sogni è disponibile, ma questo non vuol dire che devi rinunciare a prescindere. Se credi nel tuo sogno, se hai degli obiettivi raggiungibili, prova a metterti in proprio, come libero professionista oppure in forma societaria con altre persone, crea una startup.
Insomma, rischia.
Potrebbe fare tutta la differenza del mondo, e se le cose andassero per il verso giusto, l’unico rischio reale sarebbe quello di essere felice.
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