Grexit, un pericolo che ritorna. Che l’Unione Europea stia vivendo un momento complesso è ormai chiaro, stretta tra spinte populiste, una ripresa economica sempre più complessa ed un ruolo che stenta a delinearsi. Tra le maggiori difficoltà c’è senza dubbio la possibile uscita dei paesi Membri, un colpo che potrebbe, per la prima volta, far vacillare realmente il progetto unitario dell’Unione. Le exit, prima solo ipotetiche ed oggi, con il voto della Gran Bretagna sempre più reali sono un processo che va assolutamente affrontato.
Dopo i tanti dubbi successivi alla crisi del 2015 si torna oggi prepotentemente a parlare dell’uscita della Grecia dall’UE, riportando alla mente fantasmi e dubbi mai sopiti.
Il significato di Grexit
Il termite Grexit, ormai parte del linguaggio comune contemporaneo, nasce dall’abbreviazione delle parole Greek (Grecia) e Exit (uscita) e sta ad indicare l’uscita dall’euro da parte della Grecia.
La locuzione, già esistente dal 2012, divenne di fatto popolare solo nel 2015 a seguito della vittoria di Alexis Tsipras durante le ultime elezioni politiche elleniche. Il politico, infatti, tra i punti salienti del suo programma elettorale, propose proprio l’uscita della Grecia dall’Eurozona nel caso in cui la UE non avesse effettuato la revisione del debito greco nei confronti dell’Unione Europea stessa.
La Grexit oggi
Fin dalle prime possibile avvisaglie di una Grexit è stato ben chiaro a tutti che una reale uscita dall’euro da parte di uno Stato Membro sarebbe stato un evento storico dalle conseguenze imprevedibili. Quello che all’epoca era non del tutto immaginabile, era proprio la possibilità di un ritorno in voga di questa possibilità.
Questo però è invece quello che di fatto è successo in Grecia durante la primavera 2016. Protagonista della scena politica ellenica sempre Alexis Tsipras, leader del partito Syriza (Coalizione Sinistra Radicale), impegnato nuovamente nella battaglia per far tornare i conti del Partenone. Una sfida sicuramente non facile per il Primo Ministro Greco soprattutto se contestualizzata al particolare momento storico durante il quale il reale pericolo che uno Stato Membro uscisse dall’UE incombeva.
Di fronte a Tsipras un percorso a tappe, cominciato con l’incontro all’Eurogruppo e destinato a proseguire con un nuovo vertice UE. L’obiettivo è trovare un punto d’incontro con l’ex Troika, così da sbloccare una nuova serie di aiuti fondamentali per pagare i i prestiti in scadenza ed evitare il pericolo default.
Una sfida non facile che vede un altro passaggio chiave anche a livello di politica interna. Compito di Tsipras sarà far accettare a parlamento e cittadini una nuova riforma delle pensioni e un nuovo doloroso carico di imposte. A questo dovrà seguire una doverosa ristrutturazione del debito, utile a allentare la presa delle politiche di austerity degli ultimi anni.
L’esempio della Gran Bretagna: la Brexit
Se la Gretix è sempre stata un’ipotesi, il Brexit è divenuto in poco tempo una certezza.
Il significato della parola Brexit, termine coniato dai media sulla scia del significato di Gretix, fa riferimento all’uscita, ormai prossima, della Gran Bretagna dall’Unione Europea e deriva dall’unione di due parole inglesi: Britain (Bretagna) ed exit (uscita).
Di fatto, il popolo inglese ha votato nel referendum Brexit ed ha espresso la sua decisione il 23 giugno del 2016. La maggioranza, seppur minima, ha stabilito la Brexit, ovvero l’uscita del Regno Unito dall’UE.
Ancora oggi, a quasi 4 mesi dalla chiusura del referendum, non è facile stabilire quali saranno le conseguenze effettive del Bretix. La negoziazione tra Londra e Bruxelles è appena iniziata, ma fino al 2018 la Gran Bretagna continuerà a rispettare le regole dell’UE. Ad ogni modo, oltre l’ipotesi che, dopo questo periodo iniziale di transazione, vengano imposte nuove regolamentazioni sull’immigrazione, quello che è già evidente è che, almeno inizialmente, il Brexit sta avendo un impatto negativo sull’aspetto economico, in primis sulla Gran Bretagna stessa, ma anche su tutta l’economia europea in generale. Per non parlare poi dei cambiamenti già in atto sul cambio Euro-Dollaro.
Grexit: i possibili rischi
Non c’è dubbio che la possibile uscita della Grecia porti con sé pericolose conseguenze a livello europeo e mondiale. L’incertezza che ne conseguirebbe non sarebbe certo di supporto ad una situazione economica già di per sé precaria, che registra una scarsa fiducia dei mercati e, quindi, degli investitori.
Un rischio “contagio” che seppur limitato, può comunque risultare determinante per scatenare paure e conseguenti crolli, soprattutto se unito alla prossima uscita della Gran Bretagna. Il doppio colpo potrebbe essere determinante, scatenando, magari, possibili nuovi scismi. Siamo prossimi alla fine del sogno europeo? Probabilmente no, ma è altrettanto certo che ci apprestiamo a vivere il suo momento più duro.
john
Se questa Europa delle banche e dei banchieri, dei gruppi finanziari e dei burocrati elastici come i sassi non cambia, altro che Brexit/Grexit, altri seguiranno.
Non mi pare che le conseguenze in Gb siano negative, almeno per la Gran Bretagna.
Cito il Post:
“Dieci settimane dopo, però, i dati e le analisi non confermano le previsioni: i consumi nel Regno Unito non sono scesi e il settore dei servizi – che rappresenta l’80 per cento dell’economia britannica, e comprende dai servizi finanziari alla ristorazione – nel mese di agosto è cresciuto come non era mai successo. La sterlina si è stabilizzata, il FTSE 250 è tornato ai valori precedenti al 23 giugno e i sondaggi dicono che la maggioranza di chi ha votato per il “Leave” non si è pentito.”
Il sogno federalista, di quando avevo sedici anni quaranta anni fa, di uno stato che si chiamasse Stati Uniti d’Europa, che fosse un vero stato federale, che avesse solo le competenze che un vero stato federale dovrebbe avere, cioè moneta, difesa, esteri e giustizia lasciando tutto il resto ai corpi sociali di rango più basso, mi pare clamorosamente naufragato.
La speranza era che tutti i popoli europei facessero ogni sforzo per integrare i propri sistemi statali e modificarli per un bene supremo continentale…
A decenni di distanza mi trovo a chiedermi cosa abbiamo in comune con gli altri paesi, soprattutto quelli del nord, che si muovono senza guardare in faccia a nessuno in molti settori e come abbiamo potuto pensare di integrare repubbliche parlamentari, presidenziali, stati federali, stati centralisti e monarchie…
Infatti l’unico collante (che ha messo in crisi i paesi meno ricchi) l’euro, ha avuto il solo “merito” di non obbligarci a chiedere la moneta del paese che vogliamo visitare (sempre ammesso che tale paese abbia l’abbia adottato…!)…
Gli Stati Uniti d’America si sono forgiati in 200 anni di storia, l’Europa esiste da 60 anni; gli Usa sono un grande Paese con idee chiare, nel bene e nel male, i popoli europei non parlano neppure una lingua comune, figurarsi se condividono un comune sentire…