“Too big to fail” è un modo di dire utilizzato negli ultimi anni per identificare quegli istituti che, seppur in gravi condizioni di crisi, risultano troppo rilevanti e sistemici per poter permettere che falliscano. Un’affermazione che nasconde molti degli elementi che hanno segnato e reso così determinante la crisi economica scoppiata a partire dal 2008.
Too big to fail: significato
“Troppo grandi per fallire”, quando una frase diventa da talmente rilevante da essere utilizzata nel linguaggio comune e diventare di uso comune.
Un’espressione partita nel linguaggio politico e che vede il suo utilizzo riferito non solo alla banche, ma anche a istituti creditizi o aziende, tutte troppo grandi all’interno delle rispettive economie perché sia necessario l’intervento pubblico in caso di possibile di bancarotta.
Celebre il suo ampio uso quando il governo americano fu costretto a intervenire in sostegno di alcuni Istituti tramite il sottosegretario all’economia Henry Paulson: il “Piano Paulson” era pensato per soccorrere le grandi banche vicine al rischio fallimento a causa della bolla dei mutui subprime.
Elenco banche too big to fail
Solitamente gli istituti che possono “fregiarsi” di tale definizione sono internazionali e pesantemente coinvolti nell’economia globale. Tra queste possiamo annoverare:
- Bank of America
- Bank of China
- Bank of New York Mellon
- Banque Populaire CdE
- Barclays
- BNP Paribas
- Citigroup
- Commerzbank
- Credit Suisse
- Deutsche Bank
- Goldman Sachs
- Group Crédit Agricole
- HSBC
- ING Bank
- JPMorgan Chase
- Lloyds Banking Group
- Mitsubishi UFJ FG
- Mizuho FG
- Morgan Stanley
- Nordea
- Royal Bank of Scotland
- Santander
- Société Générale
- State Street
- Sumitomo Mitsui FG
- UBS
- Unicredit Group
- Wells Fargo
In Italia possiamo certamente inserire i principali Istituti nazionale, cardine sia a livello privato che industriale. Un esempio del too big to fail a livello italiano è il salvataggio appena concluso della Banca Monte dei Paschi di Siena che ha visto la necessità dell’intervento statale.
Too big to fail: la questione etica
Uno dei motivi più discussi relativi al “troppo grandi per fallire” è la questione morale che questo tipo di pensiero (e interventi) porta con sé. Per molti è infatti sbagliato utilizzare soldi pubblici per salvare realtà che si sono messe in condizioni critiche per mal gestione o, peggio, eccessiva volontà di fare profitto (ad esempio la bolla dei derivati).
Restano dubbi sulla mancanza di responsabilità data dall’essere sempre certi di poter contare su un salvagente, comunque vada.
Questo fu un punto molto discusso durante l’intervento del Governo Americano nel 2008, da sempre certo della propria volontà di essere esterno e super partes. Furono molte le critiche post intervento, legate per lo più al concetto di salvare realtà e persone che avevano agito con poco, pochissimo scrupolo pur sapendo di mettere a rischio così i soldi dei cittadini e, soprattutto, l’economia nazionale e globale.
Too big to fail: i rischi continuano
Una lezione che, infatti, non pare essere stata compresa da molti degli istituti coinvolti a suo tempo. Nonostante l’essere giunte così vicine al baratro le banche americane continuano a commettere gli stessi errori, ovvero mantenere un’esposizione ai derivati molto superiore al proprio patrimonio.
Il noto esperto Michael T. Snyder, autore del blog  The Economic Collapse, ha da poco affermato che i 25 maggiori istituti bancari hanno infatti un’esposizione verso il mercato dei derivati pari a 222 trilioni.
La situazione resterà  in controllo sino a quando nel mercato azionario prevarrà una tendenza al rialzo. Nel momento in cui, questo verrà meno, continua Snyder, si rischierà di assistere alla più grande crisi mai vista.
Tiziana Perricone
Le Banche …falliranno entro 2 anni… perchè “Crollerà Il Sistema”!!! Tutto… “Il Sistema”!
E vi ritroverete con il culo per terra.
Cosimo
In Italia: Intesa San Paolo, Ubi Banca, Unicredit, Bnl, Bpm, CheBanca!…
Pippo
forse in Italia manca ‘Intesa San Paolo’?
Giaton
Lheman brother com’era?
Giaton
Lheman brother com’era?